Con l'aumento dei lavoratori precari e l'alto tasso di disoccupazione che abbiamo in Italia, ormai da anni, sono aumentanti, di pari passo, gli italiani che non riescono ad andare avanti e che sono a forte rischio di povertà. Il disagio sociale si fa sempre più forte e segnali di una sua diminuzione o restringimento ancora non si vedono. Nel biennio 2015-2016 si calcolca che circa 105mila persone siano entrate nella fascia di popolazione che risente maggiormente della crisi economica in atto.

Unimpresa

Secondo i dati diffusi da Unimpresa, nel nostro paese ci sarebbero 9milioni e 347 mila nostri connazionali alle prese con forti difficoltà economiche.

Si è registrata una crescita degli occupati-precari, nel mondo del lavoro, che ammonterebbe a circa 28mila unità.

Italiani in crisi

Ed i calcoli sono ben presto fatti: ai tre milioni di disoccupati, vanno sommati coloro che hanno un contratto di lavoro a tempo determinato, part time e ad orario pieno. Inoltre, in questo insieme, vanno tenuti in considerazione i lavoratori autonomi part time, i collaboratori e i contratti di lavoro a tempo indeterminato part time ed il totale ammonta ad una cifra che si aggirerebbe intorno ai 6,7 milioni di individui che percepiscono, tra l'altro, un basso reddito correlato all'incertezza della stabilità del posto del lavoro. Secondo il presidente Giovanni Ferrara di Unimpresa, le soluzioni possibili per invertire questa tendenza negativa, vanno trovate in nuove risorse ed incentivi da destinare alle aziende italiane in modo tale che possano essere messe in condizioni di creare nuova occupazione.

Per questo motivo, tutte le misure e gli strumenti tendenti a rendere meno onerose le assunzioni dei lavoratori vengono auspicate e viste con grande favore ed interesse, specialmente se si tratta di interventi strutturali e di lungo periodo. Gli aiuti "una tantum", sempre secondo quanto sostiene Giovanni Ferrara, servirebbero a poco o a nulla.

Si tratterebbe soltanto di una forma di assistenzialismo del tutto improduttivo e limitato nel tempo al contrario, invece, di un investimento sulla formazione e riqualificazione delle risorse umane. Investire sui giovani e sul lavoro giovanile, in particolare, sarebbe la strada giusta da seguire. I poveri vanno aiutati non con forme di sussidio come il reddito di inclusione che alimenta, di fatto, l'asistenzialismo disincentivando e bloccando la ripresa economica che sembra essere in atto, ma con provvedimenti tendendi a garantire un loro ingresso nel mercato del lavoro con tanto di retribuzioni adeguate e di diritti assicurati e tutelati.