Cala il sipario sulle Olimpiadi invernali di Pyeongchang ed il mondo trattiene il fiato. A margine della cerimonia di chiusura dei Giochi c'è stata una notizia che ha fatto rapidamente il giro del pianeta. La Corea del Nord sarebbe infatti disponibile ad incontrare i rappresentanti del governo statunitense per intavolare i tanto auspicati colloqui. Non si tratta semplicemente di un'indiscrezione, perché di fatto è questo il messaggio che il generale Kim Yong-chol, capo della delegazione nordcoreana alla citata cerimonia, ha trasmesso al presidente della Corea del Sud, Moon Jae-in.

L'incontro tra i due è durato circa un'ora. Il condizionale lo abbiamo usato perché questo nuovo elemento è in aperta contraddizione con quanto diffuso poche ore prima dalla KCNA, la principale agenzia di stampa del piccolo Stato comunista.

KCNA: 'Colloqui con gli USA? Nemmeno tra 200 anni'

Le ire del regime si sono indirizzare principalmente nei confronti del vice presidente americano Mike Pence, presente alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici lo scorso 9 febbraio. Una giornata storica perché per la prima volta un componente della famiglia di Kim Jong-un, la sorella minore Kim Yo-jong, si era recata al Sud per un evento ufficiale.

Nella stessa giornata, la rappresentante del regime aveva trasmesso al presidente sudcoreano l'invito ufficiale del fratello per un bilaterale intercoreano che dovrebbe tenersi nei prossimi mesi a Pyongyang. A fare infuriare Kim Jong-un, secondo quanto riporta la KCNA, sono state però le parole di Pence che avrebbe definito la sorella del leader "perno del regime più tirannico ed oppressivo del pianeta. Una cricca familiare malvagia che opprime, affama e tiene prigionieri 25 milioni di persone". Nella nota dell'agenzia di stampa nordcoreana si sottolinea che "non ci saranno colloqui faccia a faccia nemmeno tra 100 o 200 anni con chi calunnia brutalmente la dignità della nostra leadership di governo".

Le nuove sanzioni

Quasi in contemporanea, l'agenzia di stampa di Pyongyang ha diffuso un altro comunicato in cui viene evidenziato il grande lavoro svolto dal governo in occasione dei Giochi, per creare un clima di dialogo e distensione con la Corea del Sud. "Tuttavia - prosegue la nota - in chiusura delle Olimpiadi, gli Stati Uniti stanno portando un'altra oscura nuvola di guerra sulla penisola coreana". Il riferimento, citato poco dopo, è al nuovo pacchetto di sanzioni ancora più severo annunciato dall'amministrazione Trump. "Il loro scopo è quello di bloccare completamente il commercio marittimo della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Inoltre sono tornati a minacciarci, aggiungendo che se le sanzioni non dovessero avere effetto, passerebbero alla 'dura seconda fase'" che ovviamente il regime intende come un'azione militare.

Pertanto Pyongyang rimarca ancora una volta la necessità delle armi nucleari, definendole "la spada della giustizia per difenderci dalle minacce USA". La KCNA conclude la sua nota indicando come "un atto di guerra qualunque tipo di ulteriore blocco nei nostri confronti. Gli Stati Uniti ignorano i nostri sforzi sinceri per migliorare le relazioni con la Corea del Sud e per preservare la pace nella penisola. Se le tensioni porteranno alla guerra, tutto ciò sarà causa delle azioni spericolate americane e tutte le conseguenze catastrofiche che ne determineranno saranno una loro responsabilità".

I possibili sviluppi

Dunque siamo dinanzi ad un 'giallo' internazionale? In realtà è la testimonianza più diretta di quanto siano difficoltosi in partenza i possibili colloqui tra Stati Uniti e Corea del Nord perché il punto di partenza, la denuclearizzazione dell'arsenale di Pyongyang, non è 'negoziabile' secondo Kim Jong-un e la politica aggressiva della controparte, in effetti, ne indicherebbe l'assoluta necessità.

Il ruolo della Corea del Sud in questa crisi diventa pertanto fondamentale, Moon Jae-in cercherà di gettare un ponte tra due posizioni assolutamente opposte, ma è chiaro che un nuovo pacchetto di sanzioni renderebbe impossibile qualunque forma di dialogo. In merito, c'è da registrare il parere contrario della Cina che, nel recente passato, aveva sostenuto la politica sanzionatoria delle Nazioni Unite nei confronti del suo storico alleato militare. Più che ovvia come scelta, perché il nuovo giro di vite colpirebbe anche gli interessi economici di aziende cinesi che, secondo Washington, intrattengono affari con la Corea del Nord. "Siamo contro le sanzioni unilaterali imposte dagli Stati Uniti sulla base delle loro leggi nazionali", ha sottolineato il portavoce del ministero degli esteri di Pechino, Geng Shaung.