Un rapporto consumato in un garage in cambio di 50 euro per pagarsi la droga. Le indagini un po' alla volta stanno chiarendo il mistero sulle ultime ore di vita di Pamela Mastropietro, la 18enne romana scappata da una comunità terapeutica, uccisa, orribilmente smembrata, e nascosta in due trolley. Intanto il gip di Macerata, Giovanni Maria Manzoni, ha convalidato il fermo nei confronti del 29enne nigeriano Innocent Oseghale per occultamento e vilipendio. L'accusa di omicidio volontario al momento è caduta. Non ci sono sufficienti prove per inchiodare lo spacciatore.

Rapporti sessuali e droga nelle ultime ore di vita di Pamela

Il giorno in cui è scappata dalla comunità terapeutica "Pars" di Corridonia dove si stava disintossicando dalla droga, Pamela ha chiesto un passaggio e si è fermato un uomo. Si tratta di un 50enne di Mogliano in provincia di Macerata che da indiziato è diventato un testimone chiave per capire cosa sia successo prima dell'atroce fine. L'uomo l'ha fatta salire a bordo della sua auto, ha concordato con lei un rapporto sessuale consumato in un garage di Coridonia dandole in cambio 50 euro. Con una parte di quella cifra, l'indomani Pamela ha comprato una dose di eroina, l'ultima, forse letale. Gli inquirenti sono risaliti al 50enne quando, dopo il ritrovamento dei poveri resti della ragazza in un fossato a bordo strada in località Pollenza, hanno avviato indagini a tutto campo.

Le immagini di una telecamere che mostrano la targa dell'auto su cui è salita la ragazza nello stesso giorno della sua fuga dalla comunità, hanno permesso di rintracciarlo. I Ris hanno perquisito e passato al setaccio il garage, sequestrato mozziconi di sigaretta fumate da Pamela e la coperta in cui è avvenuto l'incontro. Interrogato, l'uomo ha ammesso di aver consumato un rapporto sessuale con la ragazza e di essere stato con lei fino alle 18 quando l'ha accompagnata alla stazione di Corridonia.

Un altro pusher indagato

Ancora non è chiaro cosa sia accaduto da quando Pamela è stata lasciata alla stazione di Piedaripa fino alle 9 e 30 del giorno seguente. Una volta arrivata a Macerata, un tassista peruviano l'ha accompagnata dalla stazione ai giardini Diaz dove ha incontrato Innocent Oseghale. Lei gli avrebbe chiesto l'eroina, ma il nigeriano aveva solo hashish.

Allora l'ha portata allo stadio dei Pini dove un suo connazionale le avrebbe ceduto una dose per trenta euro. Il secondo pusher è ora indagato per averle ceduto l'ultima dose. Poi ci sono le telecamere di una farmacia che hanno ripreso Pamela entrare con Osenghele per comprare una siringa, prima di andare insieme nella casa del nigeriano a via Spalato da cui è uscita morta e trucidata. Gli inquirenti, coordinati dal procuratore capo di Macerata Giovanni Giorgio, ipotizzano che Osenghele non abbia fatto tutto da solo e che l'altro pusher l'abbia aiutato a comprare la candeggina con cui cancellare le tracce dell'orrore, forse anche una violenza carnale e a smembrarla. Nell'appartamento sono stati sequestrati anche cellulari e computer, oltre ai vestiti di Pamela sporchi di sangue, coltelli e una mannaia.

Mistero sulla morte

A ucciderla è stata una coltellata o un'overdose dopo mesi di astinenza? Dall'autopsia dei poveri resti, non è stato possibile chiarirlo. A dirlo potranno essere gli esami tossicologici e altri rilievi dei Ris. Ecco perché in mancanza di prove certe, il fermo del nigeriano è stato convalidato solo per occultamento e vilipendio di cadavere. "Ha avuto una crisi da overdose e io sono scappato", ha detto il pusher agli inquirenti. Osenghele non ha ammesso nessuna delle accuse che gli sono state contestate, neanche quella di smembramento di cadavere.