Un nuovo successo nella lotta intrapresa dagli inquirenti italiani contro le cellule dormienti di terroristi islamici presenti anche nel nostro Paese. Nelle ultime ore tre giovani tunisini sono stati arrestati dai carabinieri del Ros con la grave accusa di aver creato un gruppo legato al terrorismo internazionale, relativamente all’inchiesta “Taliban”, portata avanti dalla procura della Repubblica di Torino.
Obiettivo di questa indagine è svolgere un’attività di contrasto al fenomeno sempre più diffuso dei “cani sciolti” e “foreign fighters” di stanza in Italia, ma legati alle organizzazioni più pericolose di matrice islamica. Così Bilel Mejri, 26 anni, Nafaa Afli, di 27, e il 31enne Marwen Ben Saad hanno ricevuto una nuova ordinanza di custodia cautelare.
I tre falsi studenti
I tre erano già stati in carcere e successivamente agli arresti domiciliari nelle zone di Pisa e Varese, per una complessa vicenda relativa al traffico di sostanze stupefacenti. La storia del loro arrivo a Torino ha dell’incredibile: si erano iscritti all’Università, presentando documenti falsi, grazie ai quali avevano anche ottenuto una borsa di studio che gli permetteva di non pagare le tasse universitarie.
Quindi avevano chiesto i permessi di soggiorno come studenti. Ma non avevano mai frequentato nessuna lezione, né tanto meno sostenuto qualche esame. Invece si erano trasferiti a Pisa, dove erano subito entrati nel giro del traffico di droga. Ma l’aspetto più preoccupante che è emerso dalle intercettazioni e dai pedinamenti è stato il loro forte legame con quelle fazioni estremiste più violente dell’Islam, pervase da sentimenti contrari al mondo occidentale.
Il sostegno alla causa della Jihad
Inoltre i tre diffondevano su internet materiale di propaganda jihadista, attraverso i loro profili Facebook, con contenuti inneggianti allo Stato Islamico. Quindi è stata riscontrata una chiara vicinanza a quegli ambienti che sostenevano i vari gruppi terroristici, che gli arrestati frequentavano assiduamente.
In particolare i tre avrebbero partecipato, quando erano ancora a Tunisi, ad un incontro a favore di Ansar Al-Shari’a, un’organizzazione terroristica egiziana, sviluppatasi nell’area del Sinai. In quell’occasione avrebbe preso parola anche il capo del gruppo dei salafiti tunisini, Abu Ayad, morto nel 2015 durante i bombardamenti degli Stati Uniti e ritenuto uno degli organizzatori delle stragi al museo del Bardo, in cui tra le 24 vittime ci furono anche quattro italiani, e nella spiaggia dell’albergo di Sousse, dove morirono 39 persone. Inoltre i tre avevano espresso più volte sui social la loro profonda ammirazione verso tutti quei militanti morti in nome della jihad. Ora bisognerà scoprire se fossero anche pronti a seguirne le orme ed in che modo lo avrebbero mai fatto.