Siamo nel cuore di Rio de Janeiro, lungo rua Joaquím Palhares, sono le 21:30 del 14 Marzo 2018. Nove colpi di pistola colpiscono Marielle Franco, 38 anni, nota consigliera del Partido Socialismo e Libertade (Psol) e attivista per i diritti umani. Durante l'agguato ha perso la vita anche il suo autista Anderson Pedro Gomes. L'auto è stata letteralmente crivellata nell'arco di qualche minuto, seminando il panico per le strade.
I colpi pare appartengano a un lotto in dotazione alla Polizia federale di Brasilia. È stata individuata la principale causa dell'accaduto: la denuncia di Marielle a seguito della violenta incursione di Lunedì 12 Marzo nell'enorme favela di Acari, estremo Nord di Rio, costata la vita a 5 ragazzi."Dobbiamo gridare al mondo l'azione brutale e selvaggia della polizia". Esplicita è l'accusa della Franco, che avanza duramente: "Il 41esimo Battaglione della Polizia militare di Rio terrorizza i residenti della favela. Con i nuovi interventi la situazione è peggiorata". Il presidente Michel Ternier aveva disposto un decreto secondo il quale la gestione della sicurezza delle favelas sarebbe diventata preoccupazione e responsabilità delle forze militari.
Egli stesso ha convocato una riunione d'emergenza in seguito al luttuoso evento, considerando il disastro in cui il decreto è sfociato.
La reazione del Brasile e il nesso tra l'assassinio di Marielle e quello di Patricia Acioli
La notizia della morte di Marielle Franco ha subito suscitato scalpore, dando il via a numerose manifestazioni in tutto il Brasile. Luiz Eduardo Soares, specialista in sicurezza pubblica, ha individuato un filo conduttore tra il recente agguato e quello del 2011 che è costato la vita a Patricia Acioli, giudice uccisa dalla Polizia militare. Egli è convinto che movente e regia di entrambi gli omicidi siano riconducibili alla medesima istituzione. Marielle si autodefiniva "nera, lesbica e attivista politica, madre a 19 anni e femminista".
Quando la realtà diverrà chiara e pubblica Marielle Franco vincerà la sua battaglia, battaglia che fa parte della guerra per il rispetto dei diritti umani, guerra che le ha tolto la vita.
Tra le innumerevoli voci che hanno urlato il loro disappunto sui social, spicca quella della figlia di Marielle, Luyara, che scrive con fermezza di voler continuare la lotta messa in atto dalla madre, la cui morte, oltre ad aver portato a galla la verità di cui Marielle stessa si è fatta portavoce fino al suo ultimo istante, rappresenta uno step verso il pieno rispetto dei diritti di coloro che fanno parte di queste realtà.