Non esiste solo la rotta che parte dalla Libia per permettere ai migranti di arrivare in Italia attraverso il Mediterraneo. Un altro percorso più comodo, meno battuto ma sempre attivo, che parte dalla provincia tunisina di Nabeul. L'utilizzo di questo tragitto più sicuro era già emerso l’anno scorso, quando 15 persone erano state arrestate per aver organizzato una rete di immigrazione clandestina attiva su questo versante.
Ma questi viaggi della speranza non si sono mai fermati, come dimostra una nuova indagine portata avanti congiuntamente dalla Guardia di Finanza di Palermo e di Marsala, che ha portato al fermo di 13 persone, di nazionalità tunisina e marocchina; preoccupa come in questa inchiesta siano emersi legami con il terrorismo islamico di alcuni dei clienti dei traghettatori.
Viaggi ‘di lusso’ verso l’Italia
Gli arrestati, tutti residenti nelle province di Trapani e Palermo, avevano creato una vera agenzia di servizi che offriva viaggi "di lusso" dalla tunisia verso l’Italia. Le imbarcazioni, in gran parte gommoni, erano migliori di quelle normalmente usate per partire dalla Libia; vi salivano solamente dai dieci ai quindici passeggeri per ogni viaggio.
Il costo per la traversata variava dai 3.000 ai 5.000 euro: con queste cifre si veniva trasportati fino a Mazara del Vallo e Marsala. Chi pagava di più poteva anche compiere il percorso in due tappe, con una fermata intermedia a Pantelleria, che prevedeva anche il soggiorno in una casa a disposizione del gruppo criminale. In questo modo era più facile eludere i controlli ed il conseguente rischio di arresto: un’opportunità che poteva essere colta solo da chi disponeva di somme di denaro più ingenti da spendere.
I sospetti legami con il terrorismo
Il timore degli inquirenti è che tra i clienti dell’organizzazione possano esserci stati diversi fiancheggiatori del terrorismo di matrice islamica.
Preoccupano, a tal riguardo, alcune intercettazioni, in cui uno degli indagati parla di una trasferta in Francia, senza ritorno, pronunciando una frase da brividi: “Chiedo l’aiuto di Dio per quello che dovrò fare”. Di certo c’era un forte legame degli arrestati con la malavita tunisina: in particolare l’unica donna del gruppo gestiva la vendita dei carichi di sigarette che venivano contrabbandate utilizzando le stesse imbarcazioni che ospitavano i migranti. Numerosi in questi mesi sono stati gli inseguimenti in mare di questi gommoni, compiuti dalle motovedette della Guardia di Finanza, mentre altre volte si è preferito operare con i velivoli del reparto operativo aeronavale del corpo per perlustrare le rotte.
Ora sono arrivati i 13 fermi d’urgenza per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, oltre che per il contrabbando di tabacchi. Ma le indagini non si fermano: sono tuttora in corso gli accertamenti per verificare l’entità del legame dell’organizzazione internazionale sgominata ed i movimenti terroristici internazionali.