Ha organizzato tutto nei dettagli in vista non di un luminoso futuro, ma della sua fine: le bomboniere e i confetti rossi che quasi non si usano più, il pranzo al ristorante prenotato da suo padre. Però amici e parenti accorsi dal Molise nella cittadella universitaria di Monte Sant'Angelo a Napoli, li ha convocati nella facoltà sbagliata, quella di Scienze naturali anziché a Farmacia.

Perché Giada De Filippo, la 25enne che lunedì si è tolta la vita lanciandosi nel vuoto dal tetto di un edificio dell'ateneo, in quella che sarebbe dovuta essere la sua facoltà neanche ci aveva messo piede. Quel giorno tutti credevano di andare alla sua laurea, e invece lei non aveva dato mai neanche un esame. Una bugia ingigantita negli anni ha condotto all'esito estremo, il suicidio, forse per rimorso e vergogna.

L'ultima 'rappresentazione'

La procura di Napoli ha deciso che non era necessaria l'autopsia: il corpo della ragazza è stato restituito alla famiglia e oggi alle 15 nella chiesa di Sant’Eustachio Martire di Sesto Campano, paese d'origine in provincia d'Isernia dove vivono i genitori, si svolgeranno i funerali. E' stato proclamato il lutto cittadino.

Mentre proseguono le indagini della polizia per accertare i reali motivi che hanno spinto la ragazza a togliersi la vita, emerge un quadro di finzione messo in piedi da lungo tempo. Lunedì Giada è stata dal parrucchiere, si è vestita con un tailleur comprato per l'occasione, ha convocato familiari, fidanzato e amici, annunciando la discussione della sua tesi di laurea. Era tutta una messinscena, l'ultima. Ha inventato giorno, ora e luogo della discussione di una tesi inesistente perché si è scoperto che di esami non ne ha mai dato neanche uno. Anzi, dopo essere stata iscritta alla facoltà di Farmacia per tre anni di seguito a vuoto, al quarto anno neanche si era più iscritta per evitare di pagare le tasse.

Eppure lunedì ha fatto venire il padre, maresciallo dei carabinieri in pensione, e la madre casalinga, il fidanzato con un fascio di fiori, parenti e amici per assistere all'ultimo atto di una tragedia rimasta per anni inespressa. Ha programmato tutto: come far esplodere il suo 'falso sé' e la sua uscita dal mondo. L'unica cosa non prevista è stata la telefonata del fidanzato che lunedì davanti all'aula di Scienze Naturali dove si discutevano le tesi non la vedeva e l'ha chiamata per chiederle dove fosse. E lei, pochi attimi prima di lanciarsi dal tetto dell'edificio, gli ha detto: "Sono qui, alza la testa,mi vedi?".

Una prigione insopportabile

Sembra incredibile, ma nessuno sapeva, nessuno ha sospettato nulla per anni, nessuno ha capito in quale prigione insopportabile vivesse Giada.

Non il fidanzato che progettava le nozze, gli amici e le amiche, tanto meno i parenti. Giada è rimasta schiacciata sotto il peso del dover essere, di mostrarsi perfetta, di aderire a uno schema per soddisfare le aspettative dei genitori anziché mostrarsi nella sua verità, fallimenti compresi. Dopo la tragedia, un docente di Filosofia del Diritto e Informatica Giuridica a Teramo, Guido Saraceni, ha scritto che l'università non è una gara, non si frequenta per far piacere ai familiari ma per soddisfare una propria intima vocazione. I ragazzi devono emanciparsi dall'incubo della prestazione e della vittoria a ogni costo, dalla paura di deludere i genitori per essere liberi di essere se stessi e di sbagliare senza vergogna.

Dall'inizio del 2017, ci sono stati due casi analoghi di laureandi suicidi anche se nessuno è arrivato al punto di Giada. Alla luce di quel che è accaduto, alcune frasi sul profilo Facebook della ragazza paiono profetiche. In una c'è scritto: "Integrità è fare la cosa giusta quando nessuno ti guarda". In un'altra: "E' bello sapere che il mondo non può interferire con l'interno della tua testa". Infatti nessuno saprà mai veramente quali ombre si addensassero nella mente di Giada.