I genitori di una bimba di un anno e mezzo sono stati chiamati dalla Procura della Repubblica di Milano. Il motivo? Il nome della loro piccola non va bene.

I’m Blue...

La bambina è stata registrata all’Anagrafe con il nome Blu. Blu come il colore del cielo, del mare o delle ortensie. Eppure non va bene. “Il nome Blu non indica in modo inequivocabile la sua attribuzione a una persona di sesso femminile” dice la lettera inviata ai genitori della piccola.

Il pm e la convocazione scritta fa riferimento all’articolo 35 del Decreto del Presidente della Repubblica 396/2000 che impone che il nome dato al bambino debba corrispondere al sesso.

“Ci avevano avvisato” dice il padre “che avremmo potuto incorrere in qualche ostacolo, ma ogni anno centinaia di bambine vengono chiamate Blu, anche in Italia. Eravamo speranzosi”. Il nome Blue – nella sua versione inglese – è molto popolare nel mondo anglosassone. Inoltre la bambina, di un anno e mezzo, ha già imparato che il suo nome è Blu.

Ma il pm pone un ultimatum: se, entro giovedì 24 maggio, i genitori non si presenteranno all’anagrafe con un nuovo nome, questa volta adatto, da anteporre al nome della piccola – di conseguenza Blu sarebbe un secondo nome o un nomignolo – sarà compito del giudice stesso decidere come si chiamerà da quel giorno in poi.

La coppia spera fortemente di poter far cambiare idea al pm, dati alla mano, che il nome Blu, per una bambina, è già stato concesso in Italia.

Il rosa è per le femmine, il blu è per i maschi: o forse no?

Siamo stati tutti cresciuti con la comune convinzione che il blu fosse un colore per maschi e il rosa un colore per le femmine. Quando nasce un bambino si compra una tutina azzurra, se la bambina è femmina si pone un fiocco rosato fuori, sulla porta di casa. E da lì fino a buona parte della loro vita, sarà forte questa distinzione. Ma, in realtà, fino agli anni ’30 del Novecento era tutto il contrario.

Da sempre il rosa, tonalità più chiara, ma derivante dal rosso, era simbolo di virilità e nobiltà.

I principini portavano vesti di un rosa vibrante mentre le principesse portavano colori più delicati come il giallo o l’azzurro cielo.

Questa distinzione “al contrario” fu in vigore fino agli anni della Grande Depressione, quando il rosa venne sempre più scelto nelle boutique femminili. Si pensi al romanzo, del 1925, “Il Grande Gatsby ” quando il protagonista si presenta ad un pranzo informale con un completo rosa, con conseguenti critiche da parte dei presenti, non perché ritenuto troppo “affeminato” ma semplicemente demodè, fuori moda.