Un chiaro no al rifiuto, al maltrattamento e allo sfruttamento di quanti vivono in condizioni precarie. Ma anche la volontà di ribadire che la negazione dell'assistenza e delle cure per la sopravvivenza umana è contraria al messaggio evangelico. Tutto ciò, però, non deve costituire un'attenuante, perché è necessario garantire a tutti i popoli la possibilità di vivere nella propria terra d'origine, per far sì che possano contribuire al miglioramento delle condizioni sociali.
È quanto ha scritto, in sintesi, il vescovo di Ventimiglia-Sanremo, Mons. Antonio Suetta, in una missiva inviata a diversi operatori ecclesiali pochi giorni dopo la nota diffusa dalla Conferenza episcopale italiana.
La migrazione, un evento doloroso
Secondo il prelato, l'esperienza migratoria è dolorosa per tutti gli uomini, costretti a patire la lontananza dai familiari, ma anche l'abbandono delle rispettive culture e tradizioni. Di questo fenomeno ne risentono anche i Paesi d'origine, perché vengono spogliati spesso delle loro risorse più valide. A tutto ciò, si aggiungono le difficoltà oggettive nel garantire una piena integrazione, con le istituzioni occidentali che sono chiamate a tutelarne sicurezza e identità culturale e religiosa.
Proseguendo nelle sue dichiarazioni, il vescovo Suetta ha anche evidenziato che, in diverse occasioni, il profondo impegno per garantire un'accoglienza adeguata, distoglie le attenzioni dai problemi e dalle difficoltà che devono affrontare, invece, tutti coloro che sono rimasti nelle terre native e che si trovano in condizioni di grave povertà anche culturale.
Il vescovo punta il dito contro malavita e sfruttamento
Citando Papa Francesco, il vescovo di Ventimiglia-Sanremo ha proseguito ricordando che le politiche d'accoglienza devono procedere di pari passo con l'impegno all'integrazione, evitando di lasciare i migranti ai margini delle società occidentali che li accolgono. A tal proposito, infatti, ha sottolineato come ci siano ancora numerosi ghetti, in cui gli immigrati vivono in situazioni di degrado, parlando costantemente la loro lingua e introducendovi i propri costumi, in un contesto lontano da quello delle comunità in cui sono giunti.
Monsignor Suetta non ha dimenticato di puntare il dito contro la malavita, che spesso approfitta della disperazione degli extracomunitari per coinvolgerli in attività illecite o per favorirne lo sfruttamento sessuale. Un grave fenomeno sul quale non si può e non si deve tacere.
Il senso di responsabilità nell'essere "super partes"
Il presule ha concluso il suo intervento scritto, ricordando che, in qualità di vescovo, sente forte su di sé la responsabilità pastorale che gli è stata affidata. Inoltre si augura che principi quali il "buon senso" e la "sapienza cristiana" possano continuare a guidare le azioni dei rappresentanti della Chiesa.
Infine monsignor Suetta ha evidenziato di essere scevro da qualsiasi coinvolgimento politico o istituzionale, lasciando intendere come il pensiero cristiano vada ben oltre interessi personali o ideologie politiche.
Anzi, nella sua riflessione, è andato ad analizzare la "complessità del fenomeno in gioco", affidandosi al Vangelo di Gesù Cristo, definito "la bussola che orienta il cammino della Chiesa e degli uomini di buona volontà".