Si è recato personalmente nella Caserma dei Carabinieri di Latina per confessare il delitto compiuto la notte prima. Così Emanuele Riggione, 42 anni di Terracina, ha raccontato ai militari ed al sostituto procuratore Valerio De Luca di aver ammazzato la donna con cui conviveva, Elena Panetta, una collaboratrice scolastica romana di 57 anni. La scena del delitto è proprio l’appartamento di quest’ultima, dove anche l’uomo si era trasferito da otto mesi, in via Corigliano Calabro, al quartiere Statutario a Roma, rione periferico tra la via Appia Nuova e la zona dell’ippodromo Capannelle.

Qui domenica 6 agosto di notte, all’incirca dopo le 23, l’uomo ha barbaramente ucciso la sua convivente a colpi di piccozza – uno in testa ed altri sul corpo – al culmine di una lite scoppiata in seguito alla crisi di astinenza da cocaina dell’assassino.

Un movente ormai chiaro: l’assassino voleva i soldi per la droga

Infatti Emanuele Riggione, che già in passato aveva avuto qualche problema con la giustizia, è un abituale consumatore di cocaina. Da otto mesi conviveva con Elena Panetta, che lui descrive come un’amica. Secondo gli inquirenti, alla base di questa relazione, c’è la dipendenza dalla droga da parte di entrambi.

Tuttavia, da quando l’uomo, separato dalla moglie e padre di due bambini, ha perso il suo lavoro di autotrasportatore, è solamente Elena, attraverso il suo lavoro di bidella, a portare in quella casa lo stipendio necessario per procurarsi sostanze stupefacenti.

A quanto pare, nella mattina di domenica, l’assassino avrebbe fatto uso di una dose di cocaina. Ma dopo poche ore sarebbe finito di nuovo in crisi di astinenza. Da qui la richiesta alla padrona di casa della somma necessaria a comprare altra droga; ma al rifiuto della donna sarebbe scoppiata una lite molto violenta.

Prima l’intenzione di uccidersi, poi la corsa in caserma per costituirsi

È a questo punto che Emanuele avrebbe perso la testa, anche perché sotto l’effetto di stupefacenti: ha preso una piccozza trovata nell’appartamento e si è scagliato contro la sua vittima. L’avrebbe, quindi, colpita con un colpo alla testa, che le sarebbe stato fatale, più altri al corpo, lasciandola esanime in una pozza di sangue.

Una volta resosi conto di avere ucciso l’amica, in preda ad un raptus, l’uomo sarebbe fuggito, girovagando per Roma sulla sua Fiat Panda. Il suo racconto continua: perseguitato dai sensi di colpa, avrebbe meditato il suicidio. Così, verso le 6:30 di lunedì 6 agosto, avrebbe raggiunto un terreno agricolo tra Terracina e Latina con l’intenzione di togliersi la vita.

Ma poi avrebbe cambiato ancora idea, decidendo di costituirsi. Tre ore dopo l’assassino è davanti ai carabinieri per raccontare l'accaduto. Subito le forze dell’ordine si recano nell’appartamento in via Corigliano Calabro dove trovano il cadavere della vittima, con vicino la piccozza usata per il delitto ed anche un coltello. Mentre ci si appresta ad effettuale le analisi di rito sulle armi, sui vestiti sporchi di sangue e sulla macchina usata per la breve fuga, l’ex autotrasportatore è finito in carcere, accusato di omicidio volontario aggravato.