Il grande indiziato è un macchinario, dietro al quale ci sarebbe un maxi caso di malasanità. Da una macchina usata per fare interventi al cuore, sarebbe partita l'infezione da microbatterio 'Chimera' che in Veneto ha provocato sei decessi e in totale 18 casi di contagio.

Sui gravi fatti indaga per omicidio colposo la procura di Vicenza, ma il caso si allarga di giorno in giorno.

Ai decessi già accertati in Veneto, si sono aggiunte altre due morti sospette in Emilia Romagna.

Infezioni da batterio, indagini in corso

La Regione Veneto ha inviato un'apposita commissione in cinque reparti di cardiochirurgia interessati dall'infezione. Dietro ai decessi e ai casi di contagio, c'è uno stessa storia clinica: tutte le persone infettate, si erano sottoposte a interventi al cuore per la sostituzione della valvola aortica.

Primo a venire allo scoperto, è stato il caso di Paolo Demo operato al cuore due anni fa all'ospedale San Bortolo di Vicenza e morto il 2 novembre scorso. Il medico anestesista che lavorava in quell'ospedale da 30 anni, aveva saputo dai colleghi del batterio nei macchinari e ha tenuto un diario della sua malattia fino alla morte per far emergere la verità sul suo caso.

Sembrerebbe che i medici conoscessero i potenziali rischi di diffondere l'infezione già dal 2015. L'azienda produttrice comunicò per tempo, fin dal 2014, ma senza ritirarli dal mercato, che alcuni macchinari erano 'contaminati' e c'era il rischio infezione se non fosse stata praticata una sanificazione degli stessi, per la quale sarebbe bastato un semplice uso di disinfettante in ambiente ventilato. Dal canto suo, l'azienda ospedaliera non avrebbe preso le contromisure tempestivamente dal momento che l'ha continuata ad usare fino al 2017.

I familiari dell'anestesista deceduto hanno presentato un esposto in procura: da quel momento è scattata un'inchiesta per omicidio colposo e sono indagati due ex direttori sanitari dell'ospedale San Bortolo dove sono stati riscontrati finora quattro casi di contagio.

Intanto emergono nuovi casi dagli ospedali di Padova e Treviso. Il procuratore aggiunto di Vicenza, Orietta Canova, ha detto: "Bisogna avere chiarissimo il quadro inerente il macchinario, il suo utilizzo e le comunicazioni in merito per capire se ci sono delle responsabilità".

La commissione regionale è al lavoro: il dossier prodotto, sarà allegato al fascicolo della procura vicentina e delle altre competenti. Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaja, ha detto che ora la preoccupazione maggiore è garantire la sicurezza per la Salute dei cittadini e che "chi ha sbagliato deve pagare".

Batterio Chimera, altre due morti sospette

Su disposizione del ministero della Salute, controlli sono stati attivati anche nelle strutture sanitarie dell'Emilia Romagna, dopo altri due casi di morti sospette avvenute al Salus Hospital di Reggio Emilia. Anche La Regione Emilia sta facendo un'indagine tecnica dopo aver raccolto le cartelle cliniche di pazienti operati deceduti o colpiti dalla stessa sintomatologia riconducibile al batterio.

Per il ministero della Salute che parla di 'epidemia da Chimera', i casi di infezione in Italia sarebbero centinaia. Per questo il dicastero ha chiesto che sia fatta chiarezza sul periodo dal 2010 al 2018.

Microbatterio Chimeria, pericolo nascosto

L'azienda che produce il macchinario distribuito nei reparti di cardiochirurgia di tutto il mondo, aveva avvisato l'ospedale di Vicenza che lo stesso presentava problemi di stagnazione del vapore acqueo. Infatti il microbatterio, apparentemente innocuo, identificato per la prima volta nel 2004, si trova nell'acqua potabile. Ribattezzato 'batterio killer della sala operatoria' dopo la sua individuazione in questo contesto, non presenta sintomi specifici, può contagiare chi abbia subito operazioni come la sostituzione delle valvole cardiache, un trapianto di cuore o di polmoni, per poi restare nell'organismo in un periodo di latenza fino a cinque anni fino a sfociare in una grave patologia polmonare.

Il rischio non era conosciuto all'epoca dei fatti

In seguito alle dichiarazioni della Regione Emilia Romagna, trasmettiamo di seguito e in allegato la dichiarazione di Salus Hospital:

In riferimento ai pazienti operati presso Salus Hospital fra il 2011 e il giugno 2015 e segnalati in seguito alla presunta contrazione del Mycobacterium chimaera, su circa 2mila interventi cardiochirurgici eseguiti presso la struttura di Reggio Emilia, si evidenzia che attualmente sono stati presi in considerazione solo due casi. I pazienti cardiochirurgici coinvolti nell’indagine erano affetti da polipatologie e al momento non risultano ulteriori comunicazioni di casi accertati.

È opportuno rendere noto che all’epoca dei fatti, l’esistenza e la probabilità di esposizione al micobatterio tramite l’utilizzo di questi macchinari non poteva essere conosciuta in quanto la conoscenza di tale problematica è avvenuta per il mondo medico italiano successivamente ai fatti citati.

I macchinari in questione sono prodotti dall’azienda Stockert di Friburgo, Germania. La manutenzione delle due macchine è stata eseguita dall’azienda distributrice italiana con cadenza annuale, seguendo le indicazioni per il trattamento dell’acqua con l’azione battericida e attenendosi anche a quanto indicato nell’avviso di sicurezza di Sorin del 2015 e dalle linee guida EU protocol for case detection laboratory diagnosis and enviromental testing of Mycobacterium chimaera.

Si evidenzia altresì che i rigorosi processi di sterilizzazione degli ambienti, del personale preposto per tutto il periodo di impiego dei macchinari e dei macchinari stessi in uso nelle sale operatorie di Salus Hospital sono sempre stati eseguiti con estrema accuratezza di tutti i protocolli previsti.

E tutti i certificati di analisi sono sempre risultati negativi al Mycobacterium chimaera.

Inoltre in seguito alle indicazioni ricevute sia dallo stesso fornitore, sia dall’Azienda Unità Sanitaria Locale di Reggio Emilia e dalla Società Italiana di Cardiochirurgia, i macchinari sono stati immediatamente dismessi e sostituiti con modelli aggiornati, prima della verifica delle autorità inquirenti.

L’Ospedale ha sempre attuato con tempestività tutti gli adeguamenti e le verifiche richieste e necessarie al corretto utilizzo dei macchinari, con l’obiettivo di preservare in ogni aspetto la salute dei pazienti e degli operatori.

In relazione alle dichiarazioni riportate sugli organi di stampa da parte dell’Assessore alla Sanità della Regione Emilia Romagna, la direzione sanitaria precisa che i decessi non sono avvenuti a Salus Hospital; così come risulta nella nota ufficiale dell’AUSL di Reggio Emilia datata 31 Luglio 2018, “…i pazienti precedentemente operati presso Salus Hospital per interventi cardiochirurgici, alcuni dei quali deceduti verosimilmente in conseguenza dell’infezione contratta, è emersa la probabilità molto elevata che l’infezione sia stata acquisita in seguito all’esposizione al dispositivo di riscaldamento/raffreddamento utilizzato per condurre gli interventi chirurgici in argomento…”. Pertanto, il presunto legame fra alcuni dei decessi e le infezioni tramite il macchinario di riscaldamento extracorporeo è attualmente ancora in fase di valutazione da parte degli organi preposti.