Si è concluso con una sentenza che prevede la condanna alla pena di morte per i tre esecutori materiali, oltre all’ergastolo per l’autista del gruppo, il processo ai responsabili del delitto delle due turiste scandinave, barbaramente uccise ad Imil, in Marocco, nella notte tra il 16 ed il 17 dicembre del 2018.

Maren Ureland, studentessa norvegese di 28 anni e l’amica Louisa Vesterager Jespersen, danese 24enne, erano impegnate nella scalata della vetta più alta del Nord Africa, il monte Toubkal.

Quella sera le due, che si muovevano da sole, avevano deciso di accamparsi in una tenda alle pendici della montagna, a circa una settantina di chilometri da Marrakech: fu lì che quattro uomini, tutti estremisti islamici, le raggiunsero per ucciderle, decapitandole e filmando la loro aggressione. La mattina dopo un pastore del posto fece la macabra scoperta dei due corpi straziati.

Le condanne della Corte di Salè

La Corte di Salè ha accolto le richieste dei pubblici ministeri che chiedevano il massimo della pena per il gruppo di assassini. Abdessamed Ejjoud, considerato il capo del gruppo jihadista, è stato riconosciuto come l’autore materiale dell’omicidio di una delle turiste e condannato a morte, così come Younes Ouaziyad, che nel corso del processo a porte chiuse ha confessato di aver sgozzato l'altra ragazza, e Rachid Afatti.

Quest’ultimo ha ripreso le esecuzioni con un telefonino: il video è circolato a lungo in tutti i canali social frequentati dagli estremisti, insieme ad un altro, registrato qualche tempo prima, in cui il gruppo dichiarava fedeltà al califfo al Baghdadi, leader dello Stato Islamico. L’ultimo uomo del commando, Abderrahim Khayali, che ha fatto da autista allontanandosi al momento della carneficina, dovrà scontare l'ergastolo.

Un processo con 24 imputati

In totale sono stati 24 gli uomini, tutti di un’età compresa tra i 20 e i 31 anni, condannati a vario titolo a pene che vanno dai cinque anni di galera all’ergastolo. Secondo l’accusa avevano costituito una cellula terroristica, pronta a commettere altri attentati, anche con l’utilizzo di esplosivi.

Durante il dibattimento le parti civili hanno evidenziato la responsabilità dello Stato, che avrebbe l’obbligo di assicurare il massimo della protezione ai turisti ed ai cittadini: per queste ragioni è stato chiesto un indennizzo da destinare alle famiglie delle due vittime, la cui storia ha avuto un grande impatto sull’opinione pubblica internazionale. Al momento è difficile prevedere il destino dei tre condannati a morte: infatti in Marocco non sono state più eseguite esecuzioni a partire dal 1993, anche se attualmente ci sono un centinaio di condannati in attesa della pena capitale.