Una segnalazione, poi rivelatasi completamente infondata, ha consentito di riaprire un ‘cold case’ e trovare la soluzione al mistero di una, forse due donne, scomparse nel nulla da decenni. La chiave del giallo era nei pressi di un terreno di 200 metri quadri, setacciato per settimane dai carabinieri, coordinati dal sostituto procuratore di Vicenza Hans Roderich Blattner, con il supporto delle tecnologie più moderne. Così si è arrivati a spiegare le sparizione, nell’aprile del 1999, della rumena Virginia Mihai, seconda moglie di Valerio Sperotto, allevatore di maiali a Velo d’Astico.
L’estate scorsa gli archeologi forensi hanno ritrovato l’unghia di un alluce della donna nell’ex porcilaia del consorte, morto nel 2011: i risultati dell’analisi del Dna hanno confermato questa attribuzione. Secondo gli inquirenti il corpo della vittima sarebbe stato dato in pasto ai maiali dall’assassino, il marito da cui si stava separando. Ma non basta: si sospetta che Elena Zecchinato, la prima moglie dell’allevatore, possa aver subito la stessa sorte.
Una segnalazione infondata ha portato al ritrovamento
Per capire se la donna, scomparsa nel nulla nel 1988, sia stata uccisa in modo analogo, serviranno nuove ricerche, previste a partire dal prossimo luglio a Velo d’Astico, nelle tubature e nelle vasche della porcilaia, ormai abbandonata da anni.
Nel corso del tempo diverse inchieste hanno cercato di far luce su questo mistero: anche Sperotto era stato indagato con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Ma i fascicoli erano stati tutti archiviati: dal 2002 nessuno si era più occupato della vicenda. Poi nel 2017 il costruttore Bortolo Miotti aveva dichiarato di aver visto durante uno scavo in quell’area uno scheletro, formato da un teschio e diverse ossa lunghe: in seguito a questa segnalazione il procuratore Blattner aveva riaperto le indagini, autorizzando gli scavi, che però non hanno portato a nulla, visto che l’unghia è stata ritrovata in un’altra zona della tenuta.
Ora l’imprenditore, che pure ha contribuito indirettamente alla scoperta del prezioso reperto, è indagato per simulazione di reato e sarà costretto a rimborsare il costo delle ricerche infruttuose.
Il depistaggio con l’auto della vittima
Infatti la chiave del mistero era nella porcilaia, dove già si era cercato in passato e dove i paesani avevano sempre sospettato che si trovassero i resti delle due povere vittime.
L’unghia è stata rinvenuta nella canalina di scolo dei liquami, situata nel corridoio tra due fabbricati ormai fatiscenti. Nel 1999 qualcuno, probabilmente un complice, aveva voluto depistare le indagini facendo trovare l’auto di Virginia Mihai, chiusa a chiave e con il suo portafogli all’interno, a Vicenza, nei pressi della stazione. Sperotto aveva detto di aver litigato con la donna, che dopo averlo fatto scendere dall’auto non si era più fatta vedere. Poi, tre giorni dopo il marito ne aveva denunciato la scomparsa, accusandola di essere fuggita senza dire nulla.
Ma, grazie agli esperti del Laboratorio di antropologia ed odontologia forense dell’Università di Milano ed al lavoro del Ris di Parma, con tecniche innovative si è riusciti ad estrarre il Dna da un reperto così datato ed a confrontarlo con quello ottenuto nel 1999 dallo spazzolino da denti della donna, arrivando a chiarire con certezza che l’unghia apparteneva alla vittima.