Traditi, ingannati e presi in giro. Si sentono così i siriani che stanno assistendo al ritiro delle truppe americane. Il convoglio statunitense è stato bersagliato dal lancio di frutta e verdura, accompagnato da insulti da parte della popolazione locale. I mezzi blindati e gli autocarri che stanno abbandonando Qamishli - città al nordest del paese e centro di collaborazione tra forze statunitensi e curde nella lotta all'Isis - si stanno dirigendo verso il confine iracheno insieme a colonne di automobili di civili che stanno cercando di scappare, andando incontro ad una sorte incerta.
Del resto, il presidente Trump ha chiarito che le truppe che rimarranno nella Siria orientale saranno a presidio e a difesa dei pozzi petroliferi, non della popolazione. Altri militari, invece, saranno dislocati in diverse aree del territorio, come comunicato dal leader della Casa Bianca: "L'altra zona in cui Israele e Giordania ci hanno chiesto di lasciare un piccolo numero di truppe è una sezione completamente diversa della Siria, vicino ai confini con Giordania e Israele. Abbiamo un piccolo gruppo (di soldati nel nordest, ndr) e abbiamo messo in sicurezza il petrolio - ha sottolineato - Non riteniamo ci siano altri motivi".
Infine ha lasciato intendere che in futuro la gestione dei giacimenti potrebbe finire nelle mani di una società statunitense.
Per quanto riguarda i curdi, Trump ha ricordato che gli Stati Uniti non hanno mai dichiarato apertamente che li avrebbero protetti.
Mark Esper, segretario della Difesa americano, ha confermato le parole del presidente, rimarcando che una parte dell'esercito è rimasto nel nordest della Siria affiancato dalle forze siriane democratiche a guida curda per impedire l'accesso ai pozzi di petrolio ai miliziani dell'Isis.
Il ritiro delle forze statunitensi fa temere un'avanzata dell'Iran
Le conseguenze del ritiro delle truppe americane - una "capitolazione" secondo quanto dichiarato a The Guardian da un diplomatico statunitense che ha preferito rimanere anonimo - rischia di ampliare il raggio d'azione dell'Iran nella regione.
Il governo di Teheran è uno storico alleato del presidente siriano Bashar al-Assad che si è speso fin dall'inizio nella lotta contro gli estremisti dell'Isis.
Questo scenario entrerebbe in contrasto con la Politica aggressiva di Trump nei confronti dell'Iran, poiché il presidente statunitense ha manifestato più volte la sua ostilità nei confronti della Repubblica islamica, spingendo fino al limite le sue pressioni economiche e diplomatiche.
Al contempo, il nuovo e probabile ruolo di Teheran starebbe preoccupando il vicino Stato ebraico di Israele. Il Primo ministro Netanyahu - che vede in Trump un alleato di ferro - si guarda bene dal criticarlo, ma ha condannato l'attacco turco nelle regioni curde in Siria. Inoltre ha messo in guardia dal pericolo di eventuali pulizie etniche che potrebbero essere perpetrate da Ankara e dai suoi mercenari.