Negli ultimi giorni, numerosi manifestanti sono scesi per le strade e per le piazze del Cile per far sentire il loro malcontento: la goccia che ha fatto traboccare il vaso sono stati i rincari dei biglietti del trasporto pubblico, ma in realtà c'è molto di più. "Non sono i 30 pesos in più" urlano i cileni sui social network, "è tutto". Ma in cosa consiste questo "tutto"?
I 30 pesos in più e quello che c'è dietro
Tutto sembra cominciare con il quarto incremento consecutivo dei costi dei trasporti cileni, ma questo è solo l'ultimo colpo che i cittadini non sono intenzionati ad incassare.
La rete metropolitana di Santiago pare infatti essere la più costosa dell'America Latina e i numerosi aumenti graverebbero molto su un costo della vita già troppo elevato per un Paese in cui il salario minimo supera di poco i 350 euro. "Non sono solo i trasporti", protesta la rete, "è il sistema cileno che non funziona". Ci sono infatti numerosi motivi che fanno indignare i cittadini cileni, che lamenterebbero un sistema sanitario povero e costoso, così come il sistema educativo, le pensioni misere, i lavori precari e sottopagati.
La 'evasion masiva' degli studenti e la repressione dei Carabineros
Un gruppo di studenti ha quindi deciso di protestare mediante un'azione chiamata "evasion masiva" che incoraggia a non pagare per l'uso dei mezzi di trasporto pubblico e saltarne i tornelli a pagamento.
Questa azione di massa ha coinvolto più di cento studenti, che a loro volta ne hanno coinvolto altri: numerosi sono stati infatti quelli che si sono introdotti nelle stazioni della metro, oltrepassando le misure di sicurezza.
Le proteste sono state poi represse violentemente dai Carabineros (forze dell'ordine cilene) che hanno fatto uso di lacrimogeni e armi da fuoco, ferendo qualche studente.
Verso la fine della settimana scorsa sono state chiuse diverse stazioni della metro, in altre invece si trovava il vero centro della protesta, con studenti e manifestanti seduti sui bordi dei binari da una parte e le forze dell’ordine dall’altra.
Da qui la rivolta è arrivata anche nelle strade e nelle piazze, dove i cittadini stanchi si sono riuniti per urlare insieme, alcuni di loro facendo rumori con pentole e utensili di cucina (in una tipica protesta sudamericana chiamata “cacerolazo”).
Il traffico è stato bloccato in quasi tutta la città e sono stati riscontrati saccheggi a negozi e supermercati, nonché diversi incendi che hanno portato al macabro ritrovamento di tre morti carbonizzati.
Lo stato di emergenza e il coprifuoco: 'Sembra di tornare alla dittatura'
Subito dopo queste manifestazioni, in Cile è stato dichiarato dal presidente Piñera lo stato di emergenza in diverse regioni del Paese, "per garantire", ha affermato, "la sicurezza dei residenti, la protezione delle merci e i diritti di ciascuno dei nostri compatrioti che hanno sopportato disagi per colpa delle azioni di veri criminali". Carri armati e spari per le strade, soldati muniti di armi e poliziotti pattuglieranno le strade per i 15 giorni dello stato d'emergenza, atto a limitare drasticamente gli spostamenti cittadini.
Questi avvenimenti hanno portato alla dichiarazione, a Santiago, di un coprifuoco dalle 22 alle 7 del mattino, fascia oraria in cui i cittadini non potranno uscire dalle loro case: "Non succedeva dalla dittatura di Pinochet" gridano i post sul web.
Tra i mezzi di trasporto bloccati, lo stato di emergenza, il coprifuoco, gli spari per strada e le lotte represse violentemente, sembra di essere dentro lo scenario di un libro distopico, invece questa è la realtà che i cileni stanno vivendo in questo momento e per la quale chiedono aiuto: è per questo che, tra gli spari, urlano "senza violenza" e "basta, siamo stanchi e abbiamo paura".