Come previsto dagli esperti, i casi di Coronavirus nel mondo stanno aumentando e anche negli Stati Uniti si contano i primi morti da Covid-19. La prima vittima è stata un uomo sulla cinquantina, affetto già da diverse patologie, residente nello Stato di Washington. Durante una conferenza stampa di sabato 29 febbraio, il Direttore del Centro per il Controllo e la Prevenzione delle infezioni Robert Redfield ha dichiarato che si contavano ventidue casi accertati di coronavirus sul suolo americano, tra cui almeno quattro persone che sono rimaste contagiate senza aver viaggiato in paesi con casi di coronavirus o senza essere venuti a contatto diretto con persone che avevano contratto la malattia.

Nel giro di 48 ore il numero di malati è aumentato del 35% e in un ospedale dello Stato di Washington sono stati registrati due decessi. La seconda vittima è stata un uomo di una settantina di anni, con patologie pregresse, morto all’ospedale Evergreen a Kirkland, la stessa struttura che ospitava la prima vittima. Ventritre casi sono stati annunciati tra sabato e domenica a Washington, in California, Illinois, Rhode Island, a New York, in Florida e Oregon e la Florida ha annunciato lo stato di crisi, nonostante il vicepresidente Mike Pence avesse invitato alla calma per non diffondere il panico. I nuovi casi includono sia persone che si erano recate nei Paesi a rischio sia persone che hanno presubilmente contratto il virus negli USA.

Il presidente Donald Trump ha invitato alla calma, dicendo che gli americani non devono preoccuparsi e ha invitato media e classe Politica di non diffondere il panico perché non ve ne è alcuna ragione per cui essere, sottolineando come la situazione sia monitorata da professionisti. Il presidente ha dichiarato che il governo si è assicurato ben 43 milioni di mascherine protettive per il personale sanitario e che presto incontrarà rappresentanti dell'industria farmaceutica per discutere dei progressi in merito allo sviluppo del vaccino contro il virus.

Anthony Faucy, massimo esperto di malattie infettive presso l’Istituto Nazionale di Salute, ha detto che nei prossimi giorni i casi di coronavirus aumenteranno e che non bisognerà stupirsene, la sfida consiste nel modo in cui questa situazione verrà affrontata.

Le sperequazioni del sistema sanitario americano

Il quotidiano britannico ‘The Guardian’ ha però pubblicato, venerdì 28 febbraio, un articolo dall’eloquente titolo: “Secondo gli esperti le sperequazioni del sistema sanitario statunitense mettono in difficoltà la lotta al coronavirus”.

Leggendo l’articolo, infatti, si viene a scoprire che l’agenzia statunitense che monitora il Coronavirus ha detto ai cittadini americani che per contenere l’inevitabile diffusione del Covid-19 devono seguire delle semplici precauzioni come lavarsi le mani, stare a casa da lavoro se ci si sente male e parlare al proprio dottore se si manifestano i sintomi della malattia. Tuttavia il sistema sanitario statunitense complica lo scenario visti il costo delle cure mediche e la mancanza dei giorni di malattia nel mondo del lavoro. Questi fattori costituiscono un grosso rischio nell’affrontare il Covid-19 perché molte persone si recano al lavoro anche se malate, infatti nella cultura aziendale americana i giorni di malattia sono scoraggiati anche quando sono necessari.

Uno studio condotto nel 2019 dall’azienda Accountemps ha rivelato che il 90% dei lavoratori si è recato al lavoro con l’influenza o con sintomi da influenza.

Nancy Messonnier, del Centro per il Controllo e la Prevenzione delle infezioni, ha detto che il contenimento è una priorità perché non esistono vaccini o medicine in grado di prevenirlo. Per questo consiglia il telelavoro al posto delle riunioni e suggersice alle autorità scolastiche di limitare i contatti faccia-a-faccia, optando per lezioni online o, addirittura, chiudendo le scuole. Le persone con sintomi da difficoltà respiratoria sono invitate a rivolgersi ai medici. Tuttavia gli americani tendono ad evitare le prestazioni sanitarie per via dei costi elevati, oppure perché non hanno proprio alcuna assicurazione sulla salute.

Stando ad un sondaggio svolto nel 2018 dall’Università di Chicago e dall’Istituto West Health ci sono più americani preoccupati per le spese mediche in caso di grave malattia (44%) di americani che temono di ammalarsi gravemente (33%). Inoltre lo studio rivela che in un anno circa il 40% degli americani ha evitato più di una volta un esame medico o un trattamento e che il 44% non si era recato dal medico quando malati o feriti.

David Blumenthal, presidente del thinktank sulla salute the Commonwealth Fund, ha dichiarato che le persone con patologie acute di ogni genere rimandano le cure quando non hanno un’assicurazione sanitaria o quando questa non copre ampie spese. Prosegue sostenendo che non c’è motivo per cui le persone con infezioni respiratorie non dovrebbero fare lo stesso, quando il coronavirus si dovesse presentare con tosse a febbre bassa e non altamente debilitante.

E aggiunge che questo scenario ruguarda praticamente solo gli Stati Uniti nel quadro dei Paesi sviluppati.

3.270 dollari per degli esami

Osmel Martinez Azcue è uno di quegli americani che evitano abitualmente le visite mediche. Tuttavia, tornando dalla Cina a gennaio scorso con sintomi influenzali, decise di sottoporsi a degli esami ospedalieri per proteggere sé e la sua comunità. Avendo però una copertura sanitaria limitata, optò per i test minimi indispensabili temendo i costi elevati della TAC che i medici gli avevano consigliato. I risultati dei test sono stati negativi gli sono stati addebitati 3.270 dollari. Contattato dal Miami Herald, l’ospedale ha fatto sapere che Azcue doveva versarne 1.400.

“Come possono aspettarsi che normali cittadini contribuiscano all’eliminazione del potenziale contagio se gli ospedali fanno pagare 3.270 dollari per delle semplici analisi del sangue e un tampone nasale?” chiede Azcue.

Per contenere il coronavirus, il Centro per il Controllo e la Prevenzione delle infezioni sottolinea l’importanza di evitare luoghi affollati, il lavoro da casa e l’auto-quarantena. Indicazioni difficilmente applicabili in un Paese in cui i datori di lavoro non sono tenuti a pagare i giorni di malattia. Almeno tre lavoratori su dieci non sono rimasti a casa dal lavoro pur con l’influenza suina nel 2009, stando alle indagini svolte dall’Istituto per le Ricerche sulla Politiche Femminili.

Quei giorni di malattia non retribuiti

Per quelle persone che lavorano a contatto con il pubblico e che svolgono lavori poco retribuiti, stare a casa è raramente un’opzione. Secondo un’indagine del 2012 del Centro per il Progresso Americano, lo stipendio medio dei lavoratori senza malattie pagate è di 10 dollari all’ora. Secondo questa indagine il 38% dei lavoratori del settore privato non hanno neppure un giorno di malattia pagato e i lavoratori part-time hanno percentuali ancora peggiori. E questi lavori includono solitamente persone che hanno a che fare con il pubblico, come camerieri e autisti degli autobus o persone che lavorano con individui con vulnerabilità e ovviamente non prevedono il telelavoro.

Quella del sistema sanitario è una delle questioni più scottanti nella corsa alle elezioni presidenziali che si terranno quest’anno. I candidati democratici vogliono espandere le politiche di copertura sanitaria chiedendo accessi più ampi a prezzi minori, come Bernie Sanders, che è autore di una proposta di un sistema sanitario per una copertura universale a tutti gli americani e mentre i democratici discutono su come affrontare e superare questa crisi tutta americana, l’amministrazione Trump sta lavorando per smantellare l’Affordable Care Act approvato sotto Obama.

Karen Scott, una dottoranda in management al MIT ha avvertito che quelle persone che si recano al lavoro malate possono generare una situazione che può finire fuori controllo.

Scott esorta le persone di chiedere nei loro ristoranti preferiti delle politiche riguardo le malattie pagate, cosa che può dar avvio ad un cambiamento nella gestione degli affari. Si sta lavorando a delle leggi, Family Act e la Healthy Families Act, che vogliono introdurre un minimo di sette giorni di malattia pagati all’anno. Secondo l’Ufficio degli Stati Uniti di statistica del lavoro, i lavoratori del privato che godono delle malattie pagate hanno una media di sette giorni pagati all’anno, indipendentemente che siano impegati da uno o dieci anni. Dopo vent’anni la media passa ad otto giorni. Cioè metà dei giorni raccomandati per l’auto-quarantena.