Una autobomba è esplosa nella notte tra il 20 e il 21 settembre nella provincia di Ninive, Iraq. Ad essere colpita, è stata ancora una volta la comunità Yazida, minoranza religiosa vittima nel 2014 di genocidio da parte dell'Isis. L'esplosione è avvenuta nei pressi del mausoleo di Sharaf al-Din, uno dei siti religiosi più importanti per gli yazidi e simbolo di resistenza. Il mausoleo, infatti, nonostante la conquista della città, non è mai caduto nelle mani dell'Isis.

Non è stata ancora fatta una stima del numero di vittime.

Indagini sul colpevole dell'atto terroristico

Sebbene non ci siano ancora prove, le autorità irachene hanno inizialmente dichiarato che a causare l'esplosione sarebbe stato un drone turco intento a colpire tre membri del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Mahma Khalil, sindaco del Sinjar, ha invece affermato che l'esplosione sarebbe avvenuta per intimidire gli sfollati e impedire il loro ritorno a casa dopo anni di soprusi, definendo la sicurezza del Sinjar ad oggi "terribile". Haydar Shesho, comandante della Forza di Protezione Yazida, ha preferito non accusare alcun gruppo terroristico, pur considerando la stabilità del Sinjar ormai compromessa.

Ha inoltre dichiarato che, se fosse stata opera dell'Isis, il "martire" si sarebbe fatto esplodere e non avrebbe fatto esplodere un'auto lontana dai civili. E se fosse un avvertimento? Potrebbe non essere un caso che l'esplosione sia avvenuta proprio accanto al mausoleo che, essendo stato difeso arduamente, rappresentava in qualche modo la sicurezza della tribù.

Chi sono gli yazidi e perché vengono perseguitati

Chiamati erroneamente "adoratori del diavolo", gli yazidi sono una minoranza religiosa di etnia curda situata nell'Asia anteriore. Subiscono persecuzioni dal 1218 poiché la confusione delle loro tradizioni e dei tratti assorbiti da molteplici religioni è stata strumentalizzata inizialmente dai Mongoli, successivamente dagli Ottomani, infine dall'Isis.

In realtà, l'obiettivo era quello di ridisegnare i confini ereditati dall'inizio del XX secolo per ricreare uno stato transnazionale religiosamente "puro", esteso da Baghdad a Damasco. Col tempo, il numero di yazidi si è estremamente ridotto a causa delle continue persecuzioni: secondo la rivista 'Science' ne sono rimasti a malapena 300.000, di cui il 30% soffre di disturbi post-traumatici. Si tratta di un genocidio ancora vigente, che necessita di aiuto da parte della comunità internazionale affinché venga fatta giustizia non solo per coloro ancora prigionieri, ma anche per migliaia di profughi ai quali viene negata l'accoglienza, uno dei diritti elementari dell'essere umano.