“Se vogliamo battere il Coronavirus, non possiamo permetterci altri errori”. In un’intervista rilasciata a Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera, Agostino Miozzo – coordinatore del Comitato tecnico-scientifico – fa il punto della situazione a un anno da quando lo stato d’emergenza è stato dichiarato in Italia. “Siamo in piena emergenza, ma c’è ancora troppa improvvisazione”, spiega l’esperto, aggiungendo che se si vuole davvero battere il virus, bisogna assolutamente evitare di compiere altri errori.

A tale riguardo il medico propone un’idea per velocizzare la campagna vaccinale: quella di utilizzare anche i volontari della Protezione civile – organizzazione presente in modo capillare sul territorio – insieme agli uomini delle forze dell’ordine e ai militari, che dovranno tutti cooperare col sistema sanitario locale, sfruttando le diverse risorse e capacità logistiche.

Per Miozzo la pandemia ha messo in evidenza le fragilità del nostro sistema

Durante questi mesi, per Miozzo i casi di Covid-19 si sono abbattuti come “un tremendo tsunami” su un sistema impreparato ad affrontare un’emergenza di queste proporzioni.

Ma, anche se la popolazione ha affrontato la prova in maniera straordinaria, sono emerse tutte le fragilità di una sanità lasciata in abbandono per decenni, senza gli opportuni investimenti. In particolare si sono fatte sentire la mancanza di un’adeguata struttura di medicina sul territorio e l’inesperienza di fronte a una situazione di emergenza. Secondo il coordinatore del Cts è difficile improvvisare la capacità di gestire una crisi simile, senza avere un’opportuna preparazione.

Per Miozzo c’è stata troppa improvvisazione nella campagna vaccinale

Nell’intervista Miozzo specifica che in Italia, più che un ritardo nella campagna vaccinale, stiamo assistendo a una certa improvvisazione a livello territoriale; per questo motivo “dovremmo utilizzare anche i volontari e i soldati”.

Per l’esperto, in questi giorni è emerso un certo disordine nella gestione del processo, con i casi dei “furbi”, che si sono vaccinati pur non avendone il diritto, e la mancanza di un’adeguata comunicazione rivolta alla popolazione. Del resto in questa prima fase le vaccinazioni sono realizzate in luoghi protetti e destinate, almeno nelle intenzioni, esclusivamente al personale sanitario e ai residenti nelle Rsa: i problemi rischiano di aumentare quando si passerà ad altre fasce della cittadinanza, come le persone che hanno problemi negli spostamenti o gli anziani che non dispongono di un computer con cui potersi accreditare, visto che non esiste ancora una banca dati nazionale. A tutto questo si aggiunge l’attività dei no vax che prolifera in un contesto così incerto.

Il giudizio di Miozzo sulle misure adottate finora in Italia

Miozzo giudica favorevolmente il sistema delle regioni con diverse fasce colorate, perché questo meccanismo ha consentito ai cittadini di continuare a vivere, mentre una chiusura più rigida avrebbe avuto ripercussioni maggiori sulle famiglie e sulle aziende in difficoltà. I sussidi dello Stato non riescono a sopperire alle tante esigenze: questo aspetto spesso non è considerato da chi chiede un nuovo lockdown generalizzato.

Il coordinatore del Cts affronta anche il tema del difficile rapporto tra gli esperti e le autorità politiche, che spesso hanno preso decisioni non condivise dagli studiosi, come durante l’estate 2020, quando soprattutto a livello locale si è preferito sottovalutare la criticità del momento per favorire la riapertura delle attività.

Inoltre Miozzo nota come il Comitato tecnico-scientifico spesso sia usato come pretesto per giustificare certe scelte politiche, con un atteggiamento che rivela debolezza da parte di chi è stato eletto per governare.