La valanga di ricorsi che hanno fatto seguito all'ultima sessione di test per l'ingresso alla Facoltà di Medicina, sembra aver dato il colpo di grazia ad un sistema di selezione che aveva suscitato critiche e polemiche fin dalla sua istituzione con la riforma Moratti del 2003.

Il ministro dell'istruzione Stefania Giannini ha annunciato, fin dalla pubblicazione dei risultati dei test, la necessità di rivedere i criteri di selezione. Dal prossimo anno si cambia: fine della selezione basata sulle 60 domande a risposta multipla, ma non si sa ancora da cosa sarà sostituita.

Le ipotesi allo studio

Il dibattito su quale potrebbe essere il modello più adatto alle esigenze italiane, si concentra essenzialmente se due ipotesi:

Modello inglese - La selezione è basata, anziché sui test, su un colloquio individuale per valutare non solo il grado di preparazione del candidato, ma anche le sue attitudini.

Modello francese - L'accesso alla facoltà è aperto a tutti. La selezione avviene nel corso del primo anno attraverso due test, alla fine di ogni semestre, basato sulle lezioni frequentate.

Il ministro Giannini, pur sostenendo la necessità del bilanciamento tra fabbisogno di camici bianchi e numero di laureati, sembra propendere per l'adozione del modello transalpino, suscitando l'entusiasmo delle organizzazioni studentesche, Unione degli Studenti Universitari e Rete degli Studenti, che ora sollecitano al confronto il ministero affinché le intenzioni non rimangano sulla carta.

Le critiche del mondo universitario

Lo stesso favore, le intenzioni del ministro non lo hanno riscontrato nel mondo accademico, dove si è sollevata la voce di Antonio Carrassi, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Milano.

Carrassi avanza dubbi su entrambi i modelli presi in esame: quello inglese, in quanto si presta ad arbitrarieà suscettibili di sicuri ricorsi; quello francese in quanto farebbe perdere un anno a quell'ottanta per cento di aspirati medici che si ritroverebbe escluso dopo un anno di studi.

Nella stessa Francia, fa notare Carrassi, il modello è da tempo messo in discussione per questo motivo e anche perché favorisce un mercato parallelo di lezioni e ripetizioni per poter superare i test semestrali.

Importare il modello francese in Italia, creerebbe inoltre alle Università seri problemi di strutture e di personale didattico in quanto ci si ritroverebbe a dover organizzare corsi di laurea per 64.000 studenti anziché 10.000.

Alla luce di tali obiezioni, la soluzione appare quindi ancora lontana e non è escluso che si ricorra ad una soluzione all'italiana, mantenendo il sistema dei test, magari con maggiore attenzione alla pertinenza delle domande e alla valutazione delle attitudini.