Già prima degli attentati di Parigi, il nome di Michel Houellebecq circolava parecchio nei vari media: era attesa con trepidazione l'uscita del suo ultimo libro, dal titolo provocatorio ed evocativo Soumission (in italiano "Sottomissione"), con cui l'autore francese intende probabilmente ricordare Theo Van Gogh, cineasta olandese discendente diretto del fratello di Vincent Van Gogh (di cui, tra l'altro, portava anche il nome), ucciso nel 2004 da un estremista islamico come ritorsione per alcune immagini presenti nel suo cortometraggio dal titolo Submission.

Il romanzo esce oggi in Italia edito da Bompiani (la versione cartacea costa 17 euro e 50, l'e-book 9,99), mentre in Francia è apparso per la prima volta sugli scaffali delle librerie lo scorso 7 gennaio, lo stesso giorno della strage alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo. In molti hanno sottolineato la sinistra coincidenza, difficilmente casuale: tra l'altro il numero della rivista in edicola al momento dell'attentato ritraeva in copertina proprio Houellebecq, la cui trasfigurazione parodica annunciava rassegnata che, se nel 2015 avrebbe perso tutti i denti, nel 2022 avrebbe fatto per la prima volta il Ramadan.

Lo scrittore, il cui vero nome è Michel Thomas (il cognome Houellebecq è un omaggio alla nonna che lo ha cresciuto), noto al grande pubblico soprattutto per l'opera Le particelle elementari, nella carneficina ha perso anche un carissimo amico, l'economista suo sodale Bernard Maris, e dal giorno dell'attentato vive sotto scorta lontano dalla Francia, perché considerato uno dei bersagli più a rischio di attacchi terroristici.

Il titolo dell'opera 'Sottomissione' è la chiave di lettura più immediata e forse più efficace di un libro distopico che ci proietta in un futuro molto vicino (siamo nel 2022) e preconizza uno scontro politico frontale tra il partito di Marine Le Pen e una fantomatica alleanza musulmana, con vittoria finale di quest'ultima alle elezioni e conseguente deriva verso una islamizzazione 'soft', ma irreversibile, della Francia, la sentenza di morte per un'oramai logora civiltà europea: se la sottomissione è un concetto applicabile a più campi, in primis quello sentimentale-erotico (il protagonista del romanzo, un professore di letteratura misantropo e nichilista, scomodando il libro-scandalo Histoire d'O, osserva che la forza dell'opera risiede nell'idea «sconvolgente e semplice, mai espressa con tanta forza prima di allora, che il culmine della felicità umana consista nella sottomissione più assoluta»), vale allo stesso modo anche per la politica, l'antropologia o la storia.

Quello che Houellebecq sembra amaramente suggerire non è dunque un sentimento di paura e ineluttabilità di fronte a una minaccia esterna (in questo caso, l'Islam), ma un senso d'impotenza davanti alla desolazione di un'Europa inaridita, che non sa più che farsene della sua libertà e preferisce scivolare, quasi con voluttà, nell'abnegazione, nell'osservanza cieca di leggi decise da altri e mai più discusse, definitive e inesorabili. Non c'è, dunque, l'islamofobia al centro del libro, ma una riflessione più profonda sulle cause della crisi occidentale, la discesa verso le radici sotterranee e 'pulsionali' della condizione umana e delle sue proiezioni culturali.