Nella suggestiva cornice del Teatro di Documenti, un piccolo teatro nel quartiere Testaccio, in una “Roma sparita” che resiste al tempo, alla modernità ma che ancora oggi possiede una sua anima, si è svolto uno spettacolo teatrale nato da un progetto di Maurizio Panici e Raffaello Simeoni.
Concerto per Odysseo canta e ripercorre l’Iliade, uno dei poemi della trilogia classica di Omero.
Un’atmosfera intima, con una cinquantina di persone che fanno da sfondo ad un piccolo palco, sobrio ma elegante, con al centro un elmo acheo ed una spada (quella di Achille?). Perché l’ira di Achille sarà l’argomento di spicco dello spettacolo, che poi è anche quello del poema.
La voce recitante, forte e decisa, è di Maurizio Panici, navigato regista teatrale che ha fondato nel 1984 l’Argot studio, che ha il compito della produzione di questo spettacolo. Agli strumenti ed al canto c’è invece Raffaello Simeoni, affermato polistrumentista con qualche incursione anche nel mondo del jazz e della lirica.
Simeoni si avvala di una chitarra acustica/elettrica, di un flauto e di un tamburello, strumenti che riescono a creare sonorità coinvolgenti e visionarie.
“Cantami, o diva, del Pelìde Achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei…”
Panici non è il solo a raccontare l’Iliade: si avvale di uno schermo dove vengono proiettati versetti recitati da altri attori, che impersonificano le figure di spicco del poema (Achille, Priamo, Agamennone…). Cantare l’Iliade oggi è raccontare ancora una volta di uomini ed eroi, della guerra e della assoluta necessità della pace, di vendetta ma soprattutto di pietà, perché tutto quello che emerge da questo monumentale poema è l’inevitabile e necessario bisogno di pace.
Dopo l’ira di Achille, tornato in scena dopo la morte di Patroclo, e dopo l’uccisione di quasi tutti i figli (50!) del re troiano Priamo, particolarmente evocativa è la scena del dialogo tra Priamo ed Achille, dove la pietà è il sentimento che conclude lo spettacolo, dopo scene e visioni di terra, sangue e gesti eroici. “Ma è destino che gli uomini debbano soffrire, e gli dei gioire” l'ultima frase che conclude lo spettacolo, che cala il sipario con gli applausi convinti di tutto il pubblico.