Parthenope, l'ultimo film diretto da Paolo Sorrentino, attualmente nelle sale cinematografiche di tutta Italia, rappresenta probabilmente la consacrazione definitiva del regista napoletano a livello internazionale, che con questa pellicola omaggia Napoli, la sua città natale.
La trama
In un viaggio tra Capri e Napoli, la storia è quella di Parthenope Di Sangro, interpretata dall'esordiente ma talentuosissima Celeste Dalla Porta, secondogenita di una famiglia molto facoltosa protetta dal padrino Achille Lauro, che viene partorita nelle acque di Posillipo.
Studiosa di antropologia, la ragazza arriva a laurearsi con lode e bacio accademico grazie al professor Devoto Marotta, interpretato da Silvio Orlando.
Regia e fotografia in Parthenope
Il film vanta una tecnica nettamente sopra la media, con sfumature leggermente "tarantiniane" (soprattutto nei titoli di testa) e che qualche piccolo riferimento forse persino ad alcuni lavori di Edgar Wright, con una fotografia calda e nitida ed una regia con tanti primi e primissimi piani che valorizzano molto il volto della protagonista, percepita come la sirena mitologica che è un tutt'uno con la sua città.
Un saggio antropologico su Napoli
Con Parthenope, l'intenzione di Sorrentino è quella di esportare all'estero l'immagine della sua città natale ed egli non fa altro che scriverle una lettera d'amore, quasi un saggio antropologico che ripercorre più di settant'anni di storia di quella che fu la capitale del Regno delle Due Sicilie, dagli anni '50 del secolo scorso, fino ai giorni nostri.
Dal boom economico al terremoto dell'80, fino al terzo scudetto vinto dal club calcistico, evento che per il popolo partenopeo rappresenta ben più di un titolo sportivo. Sorrentino riesce bene a tenere le redini di un progetto ambiziosissimo, ma non cade mai nella trappola del rievocare i classici stereotipi alla pizza, Gomorra, scugnizzi, mandolino e musica neomelodica, anzi.
Se, come viene detto dal professor Marotta all'interno della pellicola, "l'antropologia è vedere", allora come un novello Michelangelo, il regista vomerese di nascita dipinge un affresco di come vede lui, attraverso proprio il personaggio di Parthenope, la città di Napoli, omaggiandola ed elogiandola. Ma anche criticandola ferocemente quando serve, con un film che è stato tacciato persino di essere blasfemo, con sequenze anche abbastanza esplicite sessualmente, ma mai troppo volgari.
Una critica mai distruttiva
Si critica una città che fagocita i suoi figli, lasciandogli un futuro incerto, ma nella quale poi alla fine, si ritorna sempre. Ci si prende gioco perfino del miracolo di San Gennaro, che Parthenope stessa insinua essere "una truffa", ma non scadendo mai nel ridicolo.
Un esperimento e un esercizio di stile che sviscera e analizza lo stato sociale di una città e dei suoi abitanti, la sua cultura millenaria e il suo immenso patrimonio artistico invidiato dal mondo intero.
Un cast d'eccezione che comprende tra gli altri grandi star hollywoodiane del calibro di Gary Oldman nel ruolo dello scrittore statunitense John Cheever, Peppe Lanzetta nel ruolo dell'eccentrico e parodistico cardinale Tesorone, Stefania Sandrelli nel ruolo di una Parthenope ormai adulta, anziana e matura e una Luisa Ranieri al top della forma nel ruolo dell'attrice Greta Cool (che all'interno della pellicola propone a Parthenope, in una sorta di gioco metanarrativo con il talento della Dalla Porta, di lasciar perdere la carriera di attrice) danno alla luce un film epico, che rilancia l'immagine di una città troppo spesso denigrata per i suoi difetti, ma che sembra star vivendo proprio in questi ultimi anni la sua vera età dell'oro.