Venerdì 4 novembre è uscito per Mondadori il nuovo libro di bruno vespa, subito andato a ruba. «C’eravamo tanto amati», questo il titolo scelto, ricordando l’omonimo film di Scola sul racconto della vita di tre amici: è un percorso tra le esperienze ricordate da Vespa e l’evoluzione dell’Italia a partire dall’ultimo dopoguerra, con frequenti riferimenti ad eventi ben più datati.
Scorrendo le pagine è possibile ripercorrere i costumi e gli stili di vita che si sono avvicendati negli anni, permettendo una serie di valutazioni su come sono cambiati i metodi di corteggiamento e seduzione, le attività nel tempo libero e nelle vacanze, la qualità della vita, il mondo del lavoro e, immancabile, la politica, anche se stavolta, tiene a precisare Vespa, solo l’ultimo capitolo è dedicato a quest’argomento.
Particolarmente interessanti e, per certi versi, originali, considerando lo stile di Vespa, il secondo e il terzo capitolo del libro, di cui il giornalista abruzzese ha parlato con Fazio, nell’intervista del 30 ottobre a «Che tempo che fa». Stupisce la grande trasformazione delle donne: se nella prima metà del ‘900 erano ancora pudiche ed estremamente insicure, quasi spaventate dal mondo della sessualità, oggi sembrano invece aver preso piena consapevolezza della loro posizione, non vergognandosi più, né sentendosi in qualche modo inferiori.
Degni di nota anche i confronti con noti esponenti della politica italiana, tra cui Berlusconi, Renzi, Salvini, Alfano, protagonisti dell’ultima parte del libro, in cui si cerca di riflettere sulla possibilità di guardare al futuro con ottimismo: «Partendo dal passato li ho proiettati sul futuro – spiega Vespa – […] la dedica del libro è a mio padre, che avrebbe compiuto 100 anni e che ha vissuto gli anni della speranza, e l’augurio ai miei figli è di ritrovarla».
L’opinione di Vespa
L’idea che lascia Vespa nel libro è che il profondo mutamento descritto non gli piaccia, perché non all’altezza delle effettive possibilità dell’Italia; ad un certo punto si legge: «Siamo italiani, siamo bravi. Perché non reagire? […] Perché i tedeschi che hanno scatenato due guerre tremende, e le hanno perdute entrambe in modo rovinoso, sono più avanti di noi?».
È lecito pensare che la causa di questa crescita riuscita male sia da ricercare nella modernizzazione imposta dall’alto, di cui la città di Maastricht può essere considerato l’emblema.
La cittadina dei Paesi Bassi è stata il luogo in cui si è firmato il 7 febbraio 1992 il Trattato dell’Unione Europea, per fissare le regole politiche e i parametri necessari per l’ingresso di uno Stato nell’Unione.
Il trattato è presto diventato la prova della dominazione tedesca in Europa, un vincolo che ha costretto tutti i Paesi membri ad indossare un vestito della taglia sbagliata. La reazione invocata da Vespa dovrebbe, a suo avviso, iniziare da un recupero dei vecchi valori e delle passate eccellenze, per fondarne di nuove.
Partendo dal periodo della prospera giovinezza del conduttore di «Porta a porta» si arriva alla difficile situazione attuale che, dal punto di vista politico, si carica di grande importanza: l’imminente referendum per la riforma costituzionale potrebbe diventare l’evento ufficiale dell’inizio della Terza Repubblica. In questo scenario, Vespa ironizza su alcune figure centrali dell’attualità, accostando Luciano Lama ad un renziano ante litteram, Luciano Bianciardi ad uno zio dei Cinque Stelle per le sue profezie di decrescita, Luigi di Maio ad un Andreotti 2.0.
Da ultimo, Vespa critica l’affermazione dei social e la rete, da lui definita «il mostro di Frankenstein». Il mondo online sarebbe diventato una discarica in cui rigettare frustrazioni ed invidie, ben lontano dall’originario obiettivo di avvicinare la gente; afferma Vespa: «sono entrato in Twitter nel 2013, il giorno in cui fu postato l’annuncio della mia morte, ma da molti mesi ho rallentato la frequenza disgustato dalla quantità di offese gratuite che mi piovono addosso perché mi ostino a vivere».