Provateci anche voi, non resterete delusi. Tornate a casa e cominciate a pensare ai vostri programmi per la serata. E, se vi verrà voglia di andare al cinema, non scegliete il primo titolo; piuttosto controllate la programmazione nelle sale, al contempo leggete le notizie del giorno e vedete cosa succede. Tanto per citare un esempio, da una parte vedrete Donald Trump giurare da quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti, dall'altra avrete l'illuminazione: "The Founder"!

Perché

Fin qui abbiamo scherzato. Ma se è vero che l'odierno cinema stelle-e-strisce è in buona parte un'apoteosi di biopic e remake, in cui le sceneggiature originali lasciano spazio a storie di personaggi più o meno noti, battendo dunque una strada di sicuro successo, perché perdere tempo a prendersi sul serio?

Dunque "The Founder" di John Lee Hancock, giunto in Italia quasi a fagiolo dopo lo "Snowden" di Oliver Stone (un fendente al cuore dell'America) e il "Sully" di Clint Eastwood (ode allo spirito repubblicano), dando un contributo al solito ritornello del sogno americano, mettendolo in discussione. Mettendo in dubbio tutto, dal fordismo d'antan allo spirito d'impresa contemporaneo, senza alcuna intenzione di redimere una figura storica piuttosto controversa come quella dell'imprenditore Ray Kroc, papà del McDonald's come lo conosciamo oggi e tanto lontano dalle buone intenzioni che animarono i veri fondatori del fast food con gli archi dorati, Dick e Mac McDonald. Una figura che un Michael Keaton in versione rughe e panza, tanto lontano da Sua Maestà la fighitudine Batman interpretato svariate ere geologiche fa, descrive in tutta la sua crudezza.

Nell'opera di Hancock, Kroc compare come un uomo d'affari aggressivo e tenace, praticamente orribile dal punto di vista umano.

Calma piatta

Peccato che i buoni propositi facciano i conti con una regia piatta che ricorda una scacchiera in cui pedine della Dama siano costrette a transitare esclusivamente sulle caselle nere. Senza una possibilità di slancio, senza poter esplodere.

E' il caso di Laura Dern, che interpreta Ethel Fleming, prima moglie di Kroc, e che a tratti sembra quasi la badante di se stessa. Per non parlare della solita struttura da biopic in cui nemmeno i dialoghi aiutano. Il Ray Kroc venditore senza successo, il Ray Kroc che scopre la magica formula del fast food (basta dire "Raccontatemi la vostra storia" ai due fratelli McDonald e quelli, sorpresa, gliela raccontano!), il Ray Kroc che si mette in società con i fratelli e apre all'affiliazione per aprire ristoranti qui e là negli States, infine il Ray Kroc che si fa squalo, crea il suo impero e ai soci di un tempo non lascia nemmeno le briciole, nemmeno l'1% dei profitti frutto di una stretta di mano.

Togliendogli finanche il nome dall'insegna del loro locale di San Bernardino, California, da cui è nato tutto. La storia di Ray Kroc partendo da A e arrivando a B, ma senza nemmeno chiedersi come sarebbe fatta un'ipotetica "C", qualcosa che attribuisca sprint maggiore alla vicenda narrata pur restandone fedele.

E Trump?

Restano, come anticipato, le "buone intenzioni". Sarà deluso (giustamente) chi si aspetta un mega-spot a uno dei più noti marchi al mondo e resteranno delusi (altrettanto giustamente) anche i tanti detrattori. Al di là, dunque, dei tanti limiti, è il film ideale da guardare a poche ore dalla deflagrazione del "trumpismo". A poche ore dalla festa per Trump, che in un ipotetico remake del reality show "The Apprentice", chissà, guarderebbe di buon occhio un concorrente come Ray Kroc.

A proposito

A proposito del giochino iniziale, il 20 gennaio 2017 reca in dote un'altra notizia, la storia degli sfortunati ospiti di un hotel, di una terra altrettanto sfortunata e di angeli che hanno scavato, scavano e scaveranno rendendoci orgogliosi di loro. Ma, ve lo anticipiamo, nelle sale non c'è (ancora) nessun film su eroi di tale grandezza.