neil robertson dormiva poco ed era stanco. Affrontava uno sport complesso, fatto per uomini in gilet e papillon precisi come cecchini e concentrati come monaci buddisti, con una zavorra che è tutta un programma. Già, un programma. Che giri su un pc, rimbalzi su un tablet o faccia capolino da una console poco importa. "Ho notato grandi progressi negli allenamenti da quando mi sono allontanato dai videogame", dice il diretto interessato. Perché il 35enne australiano Neil Robertson, attuale numero 9 del mondo nello snooker, in un'intervista rilasciata a Eurosport ha ammesso di essere "dipendente dai videogiochi, qualcosa che compromette la mia performance".

Ad appesantire ulteriormente la dichiarazione, il fatto che Neil sia in questi giorni impegnato ai Mondiali di snooker nel leggendario Crucible di Sheffield (il Maracanà di questa disciplina del biliardo seguita in tv con ascolti da Champions League di calcio nel Regno Unito) e che da domani, 23 aprile, è atteso al match con l'uomo di Hong Kong Marco Fu.

World of Warcraft

Ricordando il trionfo iridato del 2006, Andrea Pirlo nella sua autobiografia scrive: "Ho trascorso tutto il pomeriggio del 9 luglio a dormire e giocare con la Play. Poi sono uscito e ho vinto il Mondiale". Ecco, per Neil Robertson, campione del mondo nel 2010, non è così. "Facevo parte di un team di World of Warcraft e giocavamo di sera.

Ricordo che, mentre ero in trasferta in Cina, ebbi problemi di connessione. Ero furioso, pensai anche seriamente di tornare a casa. Persi il mio posto in squadra e questo mi preoccupò ben oltre il biliardo".

League of legends e Fifa 14

Ben peggiore il suo rapporto con League of Legends, un'autentica malattia che la compagna Mille gli ha vietato da un po'.

A proposito di famiglia: Neil ha anche un bambino, Alexander. "Una volta mi accorsi di aver fatto le 6 del mattino davanti al pc. Sentii gli uccellini cinguettare e mi dissi: 'Oh, mio Dio. Devo accompagnare Alexander a scuola'". E quanto allo snooker? "Nel 2014 raggiunsi 100 centurie (più di 100 punti in una sola apparizione al tavolo.

Praticamente un minimo di 25 biglie imbucate consecutivamente, ndr) in stagione. Ma avrei potuto farne come minimo 120 se non fossi stato completamente dipendente da Fifa 14". Ma ora Neil si sta "disintossicando" e nel tempo libero porta Alexander al parco. "Che tristezza vedere i parchi, i campi di calcio e quelli di basket vuoti. I ragazzi sono tutti a casa a giocare con i videogame".

Big Bill e gli altri

Come riporta il sito irlandese The42, Robertson non è il solo "bad boy" di questa disciplina del biliardo assai sviluppata nei Paesi anglosassoni e con un discreto seguito in tv anche da noi grazie a Eurosport. Lo scorso anno, proprio di questi tempi, fu Jimmy White a fare outing, dicendo di aver fumato crack.

Con lui Kirk Stevens, campione anni '80 noto per i problemi di droga. Lo stesso Ronnie O'Sullivan, forse il più grande di sempre, fu privato del suo titolo all'Irish Master perché trovato positivo alla marijuana. E ancora: Stephen Lee incappò in una squalifica di 12 anni dovuta a sette casi di match-fixing; Alex Higgins fu squalificato un anno per aver aggredito un giornalista. Travis Knowles, invece, era famoso allo stesso modo per le sue imprese al tavolo e quelle a letto. Tanto che qualche tifosa iniziò a sfoggiare la mitica maglietta con la scritta "Ho detto No a Travis Knowles".

Infine c'è lui, il canadese "Big" Bill Werbeniuk, giocatore anni '80 noto per il suo strano modo di ingannare l'attesa nelle pause della partita: beveva pinte di birra.

Leggenda vuole che ne bevesse cinquanta al giorno. Il numero preciso nessuno lo conosce. Certo è che tale dipendenza acuì il tremore alle mani ereditario di cui Big Bill soffriva. Morì nel 2003, a 56 anni.

Ma nella parata di leggende dello snooker c'è spazio anche per Big Bill. Tutto il resto, dipendenze incluse, sono notizie giornalistiche. Come scriveva Mordecai Richler (che però fu anche giornalista), il biliardo è troppo serio per lasciarlo ai cronisti sportivi.