Tutti volevamo vedere "The Place", l'ultimo film di Paolo Genovese, avendo ancora negli occhi del sentire il meraviglioso finale di "Perfetti Sconosciuti". In molti, inoltre, si chiedevano: "come se la caverà il regista romano con un film drammatico dopo una commedia di grande livello?". Ebbene, fermo restando che "la commedia e la tragedia sono due modi diversi di dire la stessa cosa" (Sergio Saggese), "The Place" è un grande film – strutturato come una pièce teatrale – che fa onore al nostro Cinema.

Al centro della scena c'è uno strano personaggio senza nome (Valerio Mastandrea) che ha il suo ufficio in un locale – The Place – non luogo dove la gente mangia e beve di fretta.

Di mestiere, il "tipo" stringe accordi con le persone che hanno sogni e desideri da realizzare. Ma in cambio devono fare qualcosa che quasi sempre è in contrasto con la loro indole. Sfilano, quindi, davanti all'agenda narrativa di Mastandrea, Ettore, un poliziotto in crisi con se stesso (Marco Giallini) e con il proprio figlio Alex (Silvio Muccino); suore che non sentono più Dio (Alba Rohrwacher); ciechi come Fulvio (Alessandro Borghi) che vorrebbero tornare a vedere; un padre come Gigi (Vinicio Marchioni) che vorrebbe salvare il figlio da un cancro; ed il meccanico Odoacre (Rocco Papaleo) che vorrebbe andare una sola notte con la "bonazza" del calendario.

"Hai un sogno, un desiderio? Raccontami"

Tra gli altri personaggi che compaiono nella pellicola ci sono anche una moglie, Azzurra (Vittoria Puccini) che vorrebbe essere amata dal marito di nuovo, e una signora anziana, Marcella (Giulia Lazzarini) che vorrebbe fare regredire l'Alzheimer del marito. A tutti il "mostro" chiede un contrappasso: sentire l'amore per il padre, violentare una suora - che deve restare incinta - fare scoppiare una bomba, uccidere una bambina, picchiare a sangue una persona o insabbiare la denuncia di una violenza su una donna, in un crescendo di interrelazioni ed intrecci.

Poi c'è Angela, cameriera del locale, che è incuriosita dallo strano personaggio e cerca di farlo ridere. In realtà, il film è un'opera che parla di tutti noi: dell'autodeterminazione, della scelta "che è difficile", del diavolo che è in ognuno di noi. È un film anche sull'importanza dei dettagli e sulla narrazione, dove tutto è perfetto: la sceneggiatura - scritta a quattro mani da Genovese e Isabella Aguilar - la fotografia di Fabrizio Lucci e le musiche - azzeccatissime - di Maurizio Filardo. Il finale? Forse è conseguenza di questa frase di Angela: "La gente, la gente, la gente: Io non sono la gente".