Metti una cittadina inventata come Avenchot che sembra - è - il Sudtirol. Ambientaci un thriller inspirato alla sparizione di una ragazza sedicenne dai lunghi capelli rossi e con le efelidi. Ecco gli ingredienti del fim "la ragazza nella nebbia" tratto dall'omonimo testo del 2015 Longanesi di Donato Carrisi che qui firma anche la regia. Dopo la sparizione l'arrivo dell'investigatore Vogel - uno straordinario Toni Servillo: uno dei pochi attori che riesce anche a vedersi recitare - che indaga con gli strumenti dei media, servendosi della cronista Stella Horne (Galatea Ranzi), trasforma la cittadina in un plastico di "Porta a Porta" ed in un incessante e nevrotico andirivieni di breaking news.
Sospettato è ora un prof di italiano, Loris Martini (Alessio Boni) in crisi con la moglie avvocato fallito e con una figlia sedicenne in preda ai bollori dell'età. Sospettato è la parola giusta perché su di lui c'è solo un filmato che ritrae il suo fuoristrada nella scena della sparizione. Ma come dirà l'avvocato Levi (Antonio Girardi) al prof: "Non pensi di sottrarsi dalla sua posizione di colpevole".
Il dettato narrativo funziona molto con la tecnica larssoniana del flashback temporale: dopo la scena iniziale che ci dà conto della sparizione della sedicenne troviamo uno stordito Vogel nel commissariato di Avenchot che è al colloquio con lo psichiatra della polizia dottore Flores (Jean Reno) dopo un incidente stradale che lo ha visto protagonista, ed anche pieno di sangue sulla camicia che non è il suo.
Da qui parte l'anamnesi investigativa ed umana in cui Vogel è assistito dal vice Borghi (Lorenzo Richelmy) e dalla Maier (la sempre algida Michela Cescon) che si concluderà alla fine con più colpevoli: due assicurati alla giustizia ed uno, insospettabile, che rimane chiuso, impunito? , nei suoi fantasmi. Il film si segnala sia per la fattura veloce da crime-drama scandinavo - per noi sono i migliori - ma anche su una riflessione da "Delitto e castigo" ai nostri giorni.
Perché protagonista dei racconti è il male? Sono i soldi o l'odio a fare scaturire il crimine? Che ruolo svolge la vanità nelle azioni di un criminale? A tutte queste domande tenta di dare una risposta Carrisi nella ottima sceneggiatura di Maurizio Totti ed Alessandro Usai. La favola dimostra finale è senza misericordia, come quella di altri film in corso come "Veleno" di Diego Olivares. Il diritto è un arcano vuoto.