Palazzo Bonaparte a Roma ospita un progetto di fotografia di Mario Testino dal titolo "A beautiful world", si tratta di un'esposizione di 70 immagini fotografiche scattate nei cinque continenti. È un viaggio attraverso 30 Paesi alla scoperta di abiti, accessori e acconciature tradizionali, intesi quale simbolo di tradizione culturale e identitaria dei diversi popoli. La mostra è aperta tutti i giorni dalle ore 10 alle 20, dal 25 maggio sino al 25 agosto 2024. Biglietto intero a 15 euro, ridotto per over 70 e under 18 a 13 euro. Sono previste specifiche riduzioni anche per bambini, studenti universitari e scuole.

Mario Testino, il significato della mostra

Mario Testino è nato nel 1954. Ritrattista e fotografo di moda, ha lavorato per oltre quarant'anni ritraendo celebrità quali Kate Moss, lady Diana, Naomi Campbell, Madonna e Claudia Schiffer. Le sue foto sono state spesso commissionate dalle grandi maison di moda e sono apparse sulle più prestigiose riviste internazionali del settore.

Negli ultimi anni si è dedicato invece alla ricerca di nuovi percorsi creativi, trovando ispirazione nelle identità culturali dei singoli Paesi, in primis il Perù. Da qui è partito un percorso che, attraverso Colombia, Messico, Giappone, Kenia, Mongolia, Myanmar e molti altri Paesi, svela come i costumi tradizionali siano indicatori degli atteggiamenti dei diversi popoli, evidenziandone tratti comuni o contrastanti.

L'abito tradizionale diviene quindi una sorta di "codice a barre" che aiuta a comprendere le più segrete caratteristiche culturali, l'evoluzione di tradizioni e società, gli elementi identitari di un popolo.

Un percorso al contrario

Mario Testino con questo progetto compie una sorta di percorso inverso a ciò che finora è stata la sua carriera: dal ritrarre personaggi famosi e universalmente noti, il cui abito era un punto di arrivo, al ritrarre individui anonimi e perfettamente sconosciuti, il cui abito funge quale punto di partenza di una ricerca.

Il tutto alla ricerca di radici che affondano nel passato, che costituiscono il DNA di una popolazione e che ormai si tende a dimenticare. Tagli e colori dei costumi, cappelli edl accessori, acconciature, bambini etiopi, uomini masai con i volti variopinti, donne peruviane abbigliate per la settimana santa: ogni immagine sta a indicare quanto un singolo abito, decisamente povero se preso in se stesso, sia invece ricchissimo di significato.

Ogni abito è infatti l'identità del popolo e del singolo, definisce un luogo e una comunità di appartenenza. Proprio ciò che si va perdendo nel mondo attuale, che tende a globalizzare, livellare e omogeneizzare qualunque cosa. Coerentemente con tale percorso, per la prima volta la mostra d'arte è organizzata dall'autore in prima persona, senza un editore o una rivista dietro le spalle.