L'Italia è la patria della burocrazia, non è una novità. Ma sono impressionanti i dati rivelati da una recente indagine dell'Associazione Contribuenti Italiani: la burocrazia fiscale costerà nel 2013 ai contribuenti titolari di partita IVA ben 6,4 miliardi complessivi, 1,6 miliardi in più rispetto al 2012, quando il costo degli adempimenti viaggiava intorno ai 24,8 miliardi.

Una cifra superiore, e di gran lunga, a tutti gli altri paesi europei. Nessuno è peggio di noi: in questa triste classifica siamo seguiti dalla Bulgaria (spesa complessiva di 16,6 miliardi), dalla Romania (14,2 miliardi), dall'Ungheria (12,4 miliardi).

Questo vuol dire che su ogni contribuente italiano grava una "tassa occulta" di 6.914 euro l'anno. Un italiano paga mediamente quattro volte quanto un francese (carico a persona di 1.310 euro) o un britannico (1290 euro), e la differenza diventa ancora più esagerata se si considerano i 960 euro di media dei greci e gli 860 degli svedesi.

L'analisi in questione è stata condotta dal Centro Studi e Ricerche Sociologiche "Antonella Di Benedetto" di Krls Network of Business Ethics per conto dell'Associazione Contribuenti Italiani, e ha preso in considerazione tutti i costi per gli adempimenti fiscali: tra gli altri, per la compilazione della dichiarazione dei redditi, IVA e sostituti d'imposta, degli studi di settore, del calcolo del redditometro e del costo per l'acquisto dei software fiscali.

Interessante, oltre all'aspetto economico, quello relativo alla perdita di tempo che la burocrazia fiscale comporta: nelle micro aziende si perdono in media 121 ore, pari a 15 giornate lavorative, per ciascun addetto. Si scende poi a 104 ore, pari a 13 giornate a testa per le piccole aziende, e a 88 ore, pari a 11 giorni, per le medie imprese.

''L'inefficienza della amministrazione finanziaria, l'applicazione spesso cervellotica di leggi, circolari e regolamenti vari richiede una svolta epocale - è il commento di Vittorio Carlomagno, presidente dell'Associazione Contribuenti Italiani – . Bisogna smetterla di vessare i contribuenti trattandoli come sudditi. Serve un rapporto più equo tra fisco e contribuente incentrato sulla tax compliance, come avviene da tempo nei principali paesi europei''.