Stavolta a parlare è ChristineLagarde, direttore generale del FondoMonetario Internazionale che ribadisce la sua grande fiducia per lepolitiche non convenzionali messe in atto dalle Banche centrali mondiali, come Fed, Bce e BoJ. Lo dice inuno dei salotti organizzati dalla Fed a Jackson Hole anche se non dichiara diessere totalmente tranquilla e sicura di essere usciti da una recessioneglobale: “Anche con i massimi sforzi, la diga si può rompere: abbiamo bisognodi ulteriori linee di difesa che riflettano la nostra interdipendenza, ilnostro agire per uno scopo comune e la nostra responsabilità reciproca perl'economia globale”.

Sicura dunque che ci sia ancora tanto da fare si concedeperò un “premio” importante alle banche centrali denominandole eroine di questacrisi e un rimprovero invece ai governi dei singoli Paesi, colpevoli diappoggiarsi troppo alle politiche monetarie bancarie credendo che quellepossano bastare a risolvere anche tutti problemi interni.

In sostanza, dice, bisogna cogliere la garanzia di stabilitàdelle Banche centrali per fare leriforme e far ripartire l'economia con le sue gambe dall'interno.

L’analisi di Lagarde,tuttavia, arriva in un momento molto particolare. Poco dopo gli economisti Arvind Krishnamurthy della Universityof Northwest e Annette Visisng-Jorgensendella University of California avvisano pubblicamente: il piano di acquisto asset della Fed è meno potente di quanto la bancacentrale ritiene per stimolare l'economia locale e globale.

Da un lato dunque chi è molto fiducioso, dall'altro chianalizza con attenzione e usa premura e dall'altro ancora chi con le banche èsempre disposto a prendersela.