Alle 17,50 di Domenica 13 Ottobre, il Premier Enrico Letta "twittava" che occorre attendere il testo definitivo che sarà approvato in Consiglio dei Ministri per avere certezze circa la realizzazione del taglio del costo del lavoro, bollando quelle pubblicate dai giornali, come "indiscrezioni spacciate per fatti".

Sicuramente non sarà facile far conciliare le poche risorse disponibili con l'esigenza ormai improrogabile di far diminuire il costo del lavoro, che è la vera zavorra per le imprese che vogliono assumere.

La Legge di Stabilità, che sarà varata in settimana, punterebbe ad incentivare le assunzioni riducendo il cuneo fiscale (l'indicatore che in percentuale indica il rapporto tra tutte le imposte sul lavoro - dirette, indirette e contributi previdenziali - e il costo complessivo del lavoro), che attualmente si aggira intorno al 47% e che, combinato ad altri fattori quali la qualsi impossibilità di accesso al credito, il costo dell'energia ed una macchina statale farraginosa rendono difficile far raggiungere il vantaggio competitivo alle nostre aziende

Si stanno leggendo in questi giorni notizie riguardanti la possibilità che l'anno prossimo ci sarà un pagamento una tantum di circa 200 euro direttamente in busta paga per effetto dello stanziamento di quasi 5 miliardi per la riduzione del cuneo.

Senza pronunciarsi su cifre, come suggerito dal Premier, proviamo a vedere insieme se questo è possibile.

Se analizziamo uno stipendio medio di circa 2.000 euro lordi mensili, attualmente al lavoratore, secondo la media dell'incidenza del cuneo fiscale, finiscono in tasca circa 1.060 euro netti; impegnandola cifra sopraindicata nel taglio del cuneo, si potrebbe ridurre l'incidenza di una percentuale che andrebbe dallo 0,62% al 0,78%; quindi in pratica una riduzione oscillante fra i 12 ed i 15 euro netti mensili in busta paga. Tale riduzione si avrebbe mediante intervento sulle detrazioni per lavoro dipendente.

E' un primo passo, senza dubbio, ma c'è bisogno di una profonda riduzione del costo del lavoro, altrimenti le cifre vertiginose legate alla disoccupazione dei nostri giovani (e non solo) sarà sempre destinata a salire.