Il ministro dell'Economia Padoan ha dichiarato di avere raggiunto un accordo con l'UE per la gestione dei crediti deteriorati che appesantiscono il sistema bancario italiano per una cifra stimata attorno ai 200 miliardi di euro. Si tratta di un'intesa di massima, alla quale si è pervenuti al termine di un lungo incontro avvenuto ieri con il Commissario alla Concorrenza, la danese Margrethe Vestager, e sui cui dettagli tecnici non è ancora stata fatta chiarezza, anche se Padoan ha promesso che il tema sarà perfezionato "nelle prossime ore".
Che si tratti di un successo è certa anche la Vestager, che ha parlato di un "passo importante" a sostegno delle banche italiane per la gestione dei crediti in sofferenza.
Fin dove può aiutare lo Stato
La questione ruota tutta attorno al ruolo che lo Stato può assumere in situazioni quali quella italiana, ovvero fino a dove si può intervenire a sostegno degli istituti di credito senza cadere nella concorrenza sleale. Se i dettagli tecnici sono, come detto, ancora non noti, è assai chiara la conclusione cui si è giunti al termine dell'incontro: La soluzione della "bad bank", di cui si è parlato negli ultimi giorni, e cioè di una banca pubblica con la funzione di acquistare i crediti deteriorati trasferendo allo Stato i relativi rischi è da scartare in favore di un "meccanismo di incentivazione" molto più complesso che, secondo il ministro Padoan, consisterebbe nella cartolarizzazione dei crediti tramite l'emissione di nuove obbligazioni.
Lo Stato offrirebbe la garanzia solo sui cosiddetti pacchetti senior delle cartolarizzazioni, quelli più sicuri, a fronte del pagamento di una commissione periodica da parte delle banche interessate, e il relativo prezzo sarebbe crescente nel tempo, così da incentivare il recupero dei crediti. Le garanzie sui crediti deteriorati risultano conformi alle regole della concorrenza, a giudizio di Margrethe Vestager, secondo la quale questa forma di sussidio, se così la si può chiamare, sarà fornita "a prezzi di mercato". Secondo il ministro Padoan, infine, l'operazione non dovrebbe comportare oneri per le casse dello Stato, bensì "un'entrata netta positiva" dovuta all'incasso delle commissioni, superiori ai costi.
Quello delle banche è solo uno dei problemi
Se, per quanto riguarda le banche, il punto di incontro fra Italia e Europa può forse dirsi trovato, è altrettanto vero che ci sono molti altri problemi e che questi ultimi affliggono non solo l'economia italiana o quella europea, bensì l'intero sistema dell'economia mondiale. Innanzitutto l'altalena su cui sembrano viaggiare le borse asiatiche, dove la bolla finanziaria cinese si sta ancora sgonfiando (dal giugno del 2015 i listini cinesi hanno perso quasi il 40% del valore). Poi il prezzo del petrolio, ieri ancora sotto i 30 dollari al barile e, in generale, mai così basso da più di 10 anni. Da ultimo, una fragilità complessiva, che muove le quotazioni dei titoli di percentuali enormi senza che vi siano reali motivazioni, come accaduto alle azioni Mps la scorsa settimana, dapprima scese del 20%, poi risalite del 40%. Il timore è che, in questo quadro, l'accordo raggiunto dall'Italia, per quanto importante a livello locale, finisca per passare per un dettaglio trascurabile.