In questi giorni, precisamente il 7 novembre, si festeggiano i 100 anni dalla rivoluzione comunista avvenuta in Russia nel 1917. Come noto Lenin e i rivoluzionari sovietici si ispiravano sul piano politico ed economico alle dottrine di Karl Marx e di Friedrich Engels, autori in particolare del Manifesto del Partito Comunista e di altre opere importanti nella Storia del pensiero politico moderno.

Le origini del pensiero di Marx

Nel 1842-43 Marx, redattore della 'Rheinische Zeitung', era un giornalista di orientamento democratico ed esponente di punta di un giornale portavoce degli interessi politici ed economici del liberalismo renano che aveva attraversato un periodo di intensi dibattiti negli ambienti accademici e filosofici di Berlino, Bonn e Colonia. Questi dibattiti avevano portato il gruppo della sinistra hegeliana, che oltre a Marx, comprendeva i fratelli Bauer, Feuerbach, Arnold Ruge e Strauss, attraversare una radicalizzazione sfociata, verso il 1841, nel repubblicanesimo.

'L'imbarazzo' di cui parlava Marx si riferiva all'insoddisfazione del giovane intellettuale di formazione hegeliana che, posto dinanzi alla realtà concreta, metteva in dubbio la sua concezione dello stato, certamente derivata da Hegel, quale rappresentante della ragione, della libertà e dell'interesse generale, oltre all'incertezza concernente le contemporanee dottrine socialiste e comuniste che dalla Francia si erano irradiate anche nello Stato tedesco.

La riflessione

Quando la censura prussiana portò alla chiusura della 'Rheinische Zeitung', Marx colse l'occasione per riflettere e modificare le sue convinzioni politiche e filosofiche. Una modifica che egli operò attraverso il confronto con la filosofia hegeliana, sebbene adottò lo stesso punto di partenza: la divisione fra stato e società civile attuata dalla Rivoluzione Francese, che, a sua volta, generava la divisione dell'uomo in cittadino e borghese.

Per Marx, però, era impossibile operare una conciliazione fra stato e società civile e, soltanto l'eliminazione della scissione fra cittadino e borghese avrebbe comportato la ricostruzione dell'unità dell'uomo. Queste idee rappresentarono il fulcro della teoria e della pratica di Marx e trovarono il loro fondamento nel 'Manifesto del partito comunista' pubblicato nel febbraio 1847 a Londra.

Due elementi di particolare importanza, in un testo intitolato 'Critica della filosofia del diritto di Hegel', sono: il rovesciamento della prospettiva hegeliana e la contrapposizione fra democrazia e monarchia. Rovesciare la prospettiva hegeliana significa che, per Marx, non è lo Stato a creare la famiglia e la società civile, ma è quest'ultima a fondare la famiglia e lo Stato e ad esserne il fondamento. Perciò, se è vero che Stato e società civile sono separati, è altrettanto vero che cittadino e borghese sono separati.

Da ciò ne deriva una rottura essenziale dell'individuo con se stesso, ragione per cui egli si trova in una doppia organizzazione: quella burocratica, in quanto cittadino dello Stato, e quella sociale, in quanto membro della società civile.

A questo punto, si rendeva indispensabile una critica alla religione, critica che Feuerbach scrive ne 'L'essenza del cristianesimo' e dalla quale Marx ne traeva due strumenti metodologici fondamentali: l'inversione di soggetto predicato da un lato (è l'uomo a creare la religione e non viceversa) e il concetto di alienazione dall'altro (la rinuncia dell'uomo alla sua vera natura).

Applicando quest'ultimo concetto alla sfera politica, si può ben comprendere come, per Marx, l'alienazione sia l'abbandono da parte dell'uomo della sua vocazione naturale che riconquisterà nella vera democrazia, la quale non era ancora realizzata in nessuna delle forme di governo esistenti poiché presupponeva una scissione dell'essere privato e dell'essere politico dell'uomo.

Per ciò che concerne il secondo punto della 'Critica', la contrapposizione fra la democrazia celebrata da Marx, che individua nel popolo il detentore della sovranità, e la monarchia celebrata da Hegel, ne consegue il rifiuto dello stato moderno, anche nella sua forma repubblicana. Ciò è una prova dell'inizio e del passaggio di Marx dalla democrazia al comunismo.

Borghesi e proletari

La storia di ogni società è stata, sin da sempre, una storia di lotta di classe. E la società, sin dalle origini, è divisa in ordini o classi. In queste lotte di classe, che sono lotte politiche, Marx vi leggeva il principio motore della storia. Con l'avvento della borghesia, sorta dal tramonto della società feudale, le lotte non sono terminate, ma si sono semplificati gli antagonismi di classe.

Difatti, la società risultava suddivisa in due ordini contrapposti: la borghesia e il proletariato.

La prima si impone come protagonista sullo scenario politico e mira a costruire il mondo a sua immagine e somiglianza, il secondo si presenta coma l'unica classe realmente rivoluzionaria, l'unica classe che agisce e reagisce dinanzi alla borghesia, dal momento che piccoli commercianti e contadini sono conservatori.

Quali erano le idee del 'Manifesto comunista'?

Pubblicato per la prima volta nel febbraio 1848 a Londra, il Manifesto è preceduto da un motto che recita: "Proletari di tutti i paesi, unitevi".

L'obiettivo era di introdurre la comunanza dei beni. Dunque, creare una società egualitaria. Un tale scopo si poteva raggiungere attraverso l'abolizione della proprietà privata, l'abolizione degli antagonismi di classe, l'accentramento dei mezzi di trasporto nelle mani dello Stato, la creazione di una banca nazionale, l'introduzione di un'imposta progressiva abolendo, di conseguenza, l'imposta di consumo, l'obbligo di lavoro per tutti, l'istruzione pubblica e gratuita, l'abolizione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche.

Lottare per raggiungere i propri fini è una prerogativa del comunismo, sebbene prediliga mantenere atteggiamenti pacifici. Eppure, non esita ad allearsi a qualunque movimento rivoluzionario in grado di combattere i mali sociali e politici attuali.