Venerdì 16 settembre, a Bratislava, potrebbe essersi consumata una svolta nei rapporti tra l’Italia e la politica europea dell’asse franco tedesco, la cui agenda è sostanzialmente definita dalla cancelliera Angela Merkel. Per la prima volta Matteo Renzi, si è rifiutato di partecipare alla conferenza finale congiunta del direttorio a tre italo-franco-tedesco, costituito dopo la “brexit” ed è anche la prima volta che un capo del governo italiano si rifiuta di partecipare a una conferenza stampa del “salotto buono” europeo, comunque composto.
La motivazione iniziale – sicuramente emotiva – era dettata dalla sua esclusione nella redazione del documento finale del vertice dei capi di governo dei 27 Stati membri, alla quale Merkel e Hollande avevano provveduto da soli. Poi, però, Matteo ci ha pensato su, ha ascoltato le dichiarazioni dei suoi due colleghi, si è riletto il documento da loro emesso e ha trasformato quello che poteva essere per lui uno smacco in una situazione di forza: ha convocato da solo una conferenza stampa “alternativa” e ha sparato a zero.
La prima volta di Matteo
La sua assenza alla conferenza – ha detto Renzi – è motivata dalla sua contrarietà alle conclusioni del documento finale, che non dà affatto risposte ai due problemi reali che ha attualmente l’Europa: la questione migranti e il fiscal compact e.
Per quanto riguarda il primo, non è accettabile, secondo il premier italiano, che ci si sia limitato a circoscriverlo ai richiedenti asilo provenienti dalla Turchia, dimenticandosi di quelli dell’Africa, da cui provengono i rifugiati in Italia. Per quanto riguarda il secondo, sarebbe ora che si prenda atto che esso costituisca il fattore principale che impedisce la crescita della UE, tanto più che una sua limitazione (migrant compact) è stata proposta dall’Italia proprio per affrontare meglio il problema migranti, asiatici o africani che siano.
I due argomenti non sono stati scelti a caso, perché sono proprio le due questioni sulle quali Merkel presta il fianco agli attacchi della destra liberista e xenofoba in vista delle prossime elezioni politiche.
Infine la stoccata decisiva: non è possibile che all’Italia vengano rinfacciati punti decimali sul deficit, quando la Germania stessa contravviene da anni alle regole concernenti il surplus commerciale. A ben vedere, non pare neanche un caso il fatto che Renzi abbia taciuto sull’argomento che, per la Francia, venga appositamente trascurata la regola del 3% del rapporto annuo deficit/PIL.
Quell'asse euro mediterraneo che dà fastidio a Berlino
Renzi, infatti, sa che l’unico modo per ottenere qualche risultato sul fronte del granitico immobilismo teutonico è quello di mantenere buoni rapporti con Hollande e di irrobustire il fronte dei paesi dell’asse euro-Mediterraneo, che dà tanto fastidio ai falchi di Bruxelles e di Berlino.
Ma il premier italiano ha un’altra freccia al suo arco e l’ha spiattellata papale papale: "Il 18 ottobre, due giorni prima del vertice di Bruxelles, vedrò Obama e avrò la sua sponda". Un modo come un altro per dire: “Non finisce qui”.
Il 20 e il 21 ottobre, infatti, i capi di governo dell'Unione Europea (Regno Unito compreso) si riuniranno nuovamente a Bruxelles, per affrontare davvero i problemi commerciali dell’Unione, che includono anche il negoziato per il TTIP con gli Stati Uniti. Con un Renzi possibile quinta colonna della politica economica statunitense – forse - alla Germania conviene scendere a patti.
Per mezzo punto di flessibilità in più
Per il momento, tuttavia, il vero scopo di Renzi è quello di farsi approvare la manovra finanziaria di ottobre, strappando, per il secondo anno consecutivo, quella flessibilità di mezzo punto o poco più che gli serve per spendere un’altra decina di miliardi di euro per il risanamento economico.
Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker sembra dalla sua parte ma riuscire a cambiare le regole di austerità prima delle elezioni tedesche sembra comunque un’impresa estremamente ardua.