Dopo l’annuncio della Banca centrale Europea di rialzare il tasso d’interesse con decorrenza 1° luglio, le borse europee hanno avuto cali importanti. Tra tutte, l’effetto più evidente si è registrato a Milano, dove Piazza Affari ha perso intorno al 5%, pari a circa 39 miliardi euro di capitalizzazione. Se Milano piange Londra, Francoforte e Parigi non ridono, avendo registrato decrementi compresi tra l’1,2 e l’1,5%.

Sono comunque andamenti al ribasso già evidenti da alcuni giorni, che si accompagnano ad analoghi comportamenti d’oltre Oceano. Sempre ieri, infatti, Wall Street ha perso il 2,73%.

Nell’ambito delle perdite complessive, il dato dei titoli tecnologici della borsa statunitense è anche al di sopra della media. L’indice Nasdaq ha infatti perso il 3,52%. Questi andamenti, a rigore, non avrebbero nulla a che fare con le decisioni della Bce.

L’annuncio della Presidente Lagarde era atteso da tempo

Andiamo allora a vedere qual è stato il tanto disastroso annuncio della Bce. La Presidente Martine Lagarde ha infatti comunicato che il 1° luglio prossimo la Bce procederà a un primo rialzo dei tassi d’interesse di 0,25%. Ha poi ventilato che ai primi di settembre ci sarà un ulteriore ritocco dei tassi che, secondo gli osservatori toccheranno +0,50% rispetto a oggi. Ma ciò che probabilmente ha indotto gli operatori di borsa a disinvestire è stato il contemporaneo annuncio della Presidente stessa.

Quello con il quale si comunicava la chiusura degli acquisti di titoli di Stato da parte del massimo organismo finanziario di Eurozona. Sempre con decorrenza 1° luglio.

Va detto che, per quanto riguarda il rialzo dei tassi, la decisione era attesa da tempo e anzi si è trascinata sin troppo a lungo. La politica monetaria europea dei tassi sostanzialmente in negativo, infatti, va avanti da circa 11 anni.

Ciò in reazione prima della crisi economica che ha investito il continente e poi di quella innescata dal Covid. L’incremento della base monetaria operato con i primi finanziamenti del Pnrr ha poi riportato l’inflazione sui mercati europei. Un fenomeno che si è poi incrementato a seguito della guerra in Ucraina, a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime.

I mercati si aspettavano da Lagarde una rassicurazione anti-spread

Negli ultimi mesi, l’inflazione in Europa a toccato l’8%. Su base annua, le previsioni prevedono un aumento d’inflazione del 6,8% nel 2022. In Italia le previsioni sono leggermente più favorevoli ma indicano sempre una perdita del 6,2% del potere di acquisto. Negli Stati Uniti stiamo su livelli addirittura superiori (8,6%). Tali tassi d’inflazione sono incompatibili con le politiche monetarie di bassi tassi d’interesse. La decisione della Banca Centrale Europea, in tale contesto, appare addirittura un atto dovuto ed anche tardivo.

I mercati si attendevano, però, dalla Bce, una rassicurazione sulla sostenibilità dei debiti più alti dei singoli Stati europei.

Magari la conferma e la riattivazione dello scudo anti spread. Era questo un meccanismo in base al quale la Bce acquistava i titoli dei paesi a spread più elevato, a scopo di “calmierarli”. Al contrario Lagarde ha annunciato la chiusura degli acquisti. Pur ventilando la possibilità di subordinare l’acquisto dei bond degli Stati maggiormente in sofferenza (come l’Italia) alla cessione, da parte della Bce, di quelli degli Stati più forti (leggi Germania).

Nell’ultimo anno di gestione Lagarde si è registrato un crollo dell’euro rispetto al dollaro

In ogni caso la Borsa che ha sofferto maggiormente di ribassi è stata quella di Milano. Nel frattempo lo spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi è giunto a 227 punti base.

Paradossalmente ciò determinerebbe che i rendimenti dei titoli italiani, al netto dell’inflazione, siano ancora accettabili. Quelli tedeschi, al contrario, sono molto più bassi non solo di quelli italiani ma soprattutto – e di gran lunga – di quelli statunitensi. Ciò significa che gli operatori di Borsa milanesi non si fidano della tenuta dei titoli italiani.

Ma a soffrire sono state anche le quotazioni dell’Euro che, dopo la chiusura di Wall Street, è sceso a 1,0519 dollari, perdendo in poche ore lo 0,93%. Una perdita che si somma a quella dello 0,77% del giorno prima. Ora, è vero che ai primi di maggio il cambio euro-dollaro si trovava a 1,04. Ma solo un anno fa, ad epidemia Covid ancora in corso, ci volevano 1,21 dollari per acquistare 1 euro. Da un anno a questa parte l’euro, a parità o addirittura con meno inflazione, si svaluta molto più del dollaro.