Sono passati ormai quasi sei mesi da quando l'intero popolo britannico è stato chiamato alle urne per votare in un referendum di tipo consultivo che ha determinato in maniera significativa il futuro del paese. Nel corso di queste settimane, Theresa May, leader del partito Conservatore oltre che Primo Ministro britannico, ha promesso ai suoi elettori che, entro il primo trimestre del 2017, sarebbero stati avviati i negoziati con Bruxelles per definire le modalità ed i tempi di uscita del Regno Unito dalla Comunità Europea.

Tuttavia in questi giorni l'Alta Corte ha stabilito che la decisione finale sul Brexit spetta al Parlamento Britannico; ciò significa che la scelta del Parlamento potrebbe anche essere molto diversa da quanto emerso durante il referendum consultivo dello scorso giugno. 

Lo scopo del referendum

Lo scopo del referendum era quello di sondare l'opinione pubblica, in maniera ufficiale, per poi valutare vantaggi e rischi di un'eventuale fuoriuscita del paese dalla comunità europea. Va però precisato che, trattandosi di una tornata elettorale prettamente consultiva, il risultato del voto non avrebbe inciso direttamente sulla politica britannica.

Di fatto il governo del Regno Unito, presa coscienza del desiderio popolare di allontanarsi dalle politiche comunitarie, si è ritrovato a dover scegliere tra una vasta rosa di possibilità, tra cui l'uscita definitiva dalla UE; la ridefinizione del proprio ruolo nel panorama comunitario ed europeo; o la permanenza in Europa senza alcuna variazione rispetto al passato.

Il risultato del referendum, conclusosi con una maggioranza risicata del Brexit, ha evidenziato una forte spaccatura interna tra le varie regioni britanniche, e se in alcune aree del paese fortemente urbanizzate la situazione era in bilico tra il "Sì" e il "No", nelle aree rurali il fronte del "Sì" è stato decisamente più forte. Nella Gran Bretagna del nord, invece, il "No" ha ottenuto una larghissima maggioranza.

L'esito del referendum non ha reso possibile finora, né attuabile, una soluzione drastica come l'abbandono della comunità europa, evento che avrebbe potuto suscitare il risentimento di una enorme fetta della popolazione. Va ricordato, infatti, che in Gran Bretagna vige una Monarchia Parlamentare, ovvero un sistema di governo dove la regina e la casa reale hanno un ruolo prevalentemente simbolico, mentre il paese è governato dal Parlamento, che dal 1707 è il "supremo corpo legislativo" del Regno Unito. Questo significa che solo il Parlamento ha l'autorità ed il potere per prendere una decisione politica importante come l'ipotetica uscita del paese dall'Unione Europea.

Il compito primo del Parlamento

Il compito primo del Parlamento nel sistema britannico e, più in generale, in qualsiasi altro sistema democratico, è quello di mediare tra le diverse forze politiche, cercando di individuare una soluzione comune che possa soddisfare i bisogni dell'intera nazione, e non di una parte soltanto.

Questo significa che la maggioranza ottenuta dal Brexit al referendum di giugno, per quanto ampia, non rispecchia la totalità del paese. Ad essere precisi, l'esito della votazione rispecchia la volontà di una fetta importante, ma non totale, della borghesia inglese, ma non della popolazione scozzese.

Di conseguenza, di fronte ad una così netta spaccatura all'interno del Regno Unito, il governo di Theresa May non può decidere univocamente per l'uscita dall'Europa, né stabilire le condizioni con cui questa dovrebbe avvenire, ma dovrà sottostare all'organo politico che rappresenta "de facto" l'intero popolo, e quest'organo altri non è che il parlamento britannico.