Sembra passata un'eternità da quando lo scorso giugno il popolo britannico è stato chiamato alle urne per decidere quale futuro avrebbe avuto il paese nel contesto europeo e internazionale, scegliendo se restare o meno all’interno dell’Unione Europea.

Dopo ore di incertezza e sondaggi contrastanti alla fine, se pur con una maggioranza risicata, vinse il “si” segnando l’inizio di quella che molti all’epoca ritenevano una folle e pericolosa uscita del Regno Unito dall’Unione.

Nei mesi successivi si è scritto e si è detto molto sull’effetto e le conseguenze positive e negative del Brexit, sia per l’Europa che e per il Regno Unito, e tra le tante perplessità e incertezze, sembrava che l’esito del referendum fosse destinato a cadere nel dimenticatoio.

Di fatto, nei mesi successivi, l’unico effetto diretto del Brexit, se si esclude l’inevitabile ondata speculativa ai danni della sterlina e delle banche europee, consiste nelle dimissioni del primo ministro David Cameron, leader del partito conservatore, succeduto da Theresa May, ex segretario di stato che dall’11 Luglio è il nuovo Primo Ministro britannico oltre che nuovo Leader del Partito Conservatore.

Ed è proprio Theresa May a compiere il primo passo verso l’ormai imminente divorzio tra UE e Regno Unito, un divorzio atteso e temuto da tutto il mondo che per la prima volta in questi mesi sembra diventare una reale possibilità.

La Premier May ha infatti recentemente dichiarato al The Andrew Marr Show, noto talk show politico della BBS condotto da Andy Marr che “brexit significa brexit” e che la volontà del popolo britannico sarebbe stata rispettata, annunciando quindi l’inizio delle procedure di uscita dall’Unione Europea, entro e non oltre il marzo del 2017.

Nelle sue dichiarazioni la May si lascia andare a qualche considerazione personale a proposito delle posizioni degli oppositori del brexit, i quali, non accettando l’esito del referendum, e facendo leva sulla distribuzione geografica dei votanti, minacciano un ricorso alla corte di giustizia, poiché in alcuni degli stati che compongono il Regno Unito, come la Scozia, l’esito del voto “regionale” è stato completamente differente rispetto al voto nazionale.

In Scozia l’enorme affluenza alle urne ha prodotto una netta maggioranza del No, ma, nonostante ciò, la volontà regionale è stata ignorata, in favore di una misera maggioranza nazionale.

La Premier May precisa che uscire dall’Unione Europea non significherà rompere i ponti con l’Europa, ma segnerà l’inizio di un nuovo modo di cooperare sul piano internazionale, dichiarando che, almeno durante il suo mandato verranno garantiti i diritti dei lavoratori europei presenti nel Regno Unito.

C’è però un grande ma che aleggia su tutta la questione, la fuoriuscita dall’Unione Europea non sarà di certo immediata, e secondo la procedura descritta nell’articolo 50 del trattato di Lisbona, nella migliore delle ipotesi i negoziati tra Londra e Bruxelles dureranno circa un’anno, a questo punto dovrà iniziare l’effettiva fuoriuscita del paese dall’Unione che richiederà almeno un altro anno.

Ciò significa che, iniziando i lavori per la fuoriuscita del Regno Unito dal UE, entro marzo 2017, se tutto andrà per il verso giusto, il paese sarà definitivamente fuori dall'Unione non prima del 2020, al termine quindi del mandato di Theresa May, rendendo di fatto vana la sua promessa di garanzia ai lavoratori europei impegnati nel Regno Unito.