Oggi il timore di investire sui mercati, non è dovuto solo alla crisi economica che condiziona da anni le nostre menti, ma secondo delle ricerche, la paura sarebbe già dentro di noi.

Un gruppo finanziario chiamato "Schroders", fondato nel 1804 dall'inglese Johann Heinrich Schröder a Londra, insieme al direttore dell'Università Vita e Salute di San Raffaele, Matteo Motterlini, ha diretto un test psicologico tramite un sito on line, "investimenti.it", per evidenziare quali sono le insicurezze principali che portano a non investire o in certi casi, a sbagliare l'investimento sui mercati economici.

Abbiamo delle vere e proprie insidie emotive, come lo "snake bit effect", ovvero il "morso di serpente", che avviene quando abbiamo dei ricordi che rimandano alle grosse perdite finanziarie del passato, rendendoci insicuri, oppure inversamente accade con il cosiddetto "overconfidence", quando siamo troppo sicuri e pensiamo di non fallire con il nostro investimento.

Da questa piatta forma on line, circa duemila utenti tra investitori e consulenti, hanno provato a testare i propri limiti. Il risultato dice che per gli investitori, c'è il 51% di paure legate al morso di serpente, mentre per il 41%, c'è il cosiddetto "effetto disposizione", ovvero quando c'è una notevole fretta nel vendere i propri investimenti in guadagno conservando troppo a lungo quelli in perdita.

Infine, c'è il 36% dell'utenza condizionata dall'home bias, ovvero quella parte di utenza che investe molto nei titoli familiari pensando che questi non siano rischiosi.

Per quanto riguarda le paure e i limiti dei consulenti abbiamo: il 62% legato all'overconfidence, la troppa fiducia in se stessi, il 52% condizionato dall'effetto disposizione e il 48% influenzato dallo snake bit effect.

Sono stati testati altri limiti psicologici, come l'effetto gregge, quando negli investimenti siamo condizionati dalla maggioranza; l'optimism bias, quando pensiamo solo alle probabilità di successo e non teniamo conto dei rischi; il projection bias, dove si pensa al futuro che sarà come il presente e infine quando reagiamo in modo traumatico alle nostre perdite economiche.