Una persona su 20 in Italia soffre di dislessia. Tradotto: il 4-5% della popolazione italiana, ovvero quasi un milione e mezzo di soggetti sono costretti a convivere con questo disturbo dell'apprendimento, da non considerarsi, però, nè come una malattia, nè tantomeno come una disabilità. 

Proprio nell'ambito scolastico, il problema della dislessia assume un ruolo particolarmente importante e secondo la professoressa Margherita Pellegrino, i disagi creati dalla dislessia si potrebbero superare anche e soprattutto migliorando la qualità di insegnamento da parte dei docenti.



Miur, scuola, dislessia: i genitori si rivolgano subito al neuropsichiatra

Una denuncia choc, quella inviata dalla Pellegrino al settimanale 'Tempi', che non mancherà di destare più di una discussione: secondo la professoressa, la soluzione per evitare questo disturbo nell'apprendimento da parte degli studenti non è più quello di cercare di correggerlo e di far fare degli esercizi specifici, quanto di consigliare i genitori di rivolgersi direttamente al neuropsichiatra per una miglior valutazione di eventuali Dsa (Disturbi Specifici di Apprendimento).

Secondo la Pellegrino si eviterebbe in questo modo l'errore, spesso comune, di trattare il bambino come se fosse 'diverso' rispetto ai compagni di classe con il rischio di inculcare in lui l'idea di incapacità, nonchè il fatto di essere costretti a negargli la vera istruzione.

Insomma, in poche parole, l'insegnante diventerebbe la causa delle frustrazioni del bambino che così non riuscirebbe più ad uscire da questa difficoltà nel leggere, nello scrivere e nel fare calcoli. 

Miur, scuola, dislessia: la colpa è degli insegnanti?

Dunque, parola d'ordine: insegnanti deresponsabilizzatevi, perchè se continuate così rischiate solo di creare danni. Una teoria che viene, tra l'altro confermata, dal presidente dell'Associazione Genitori Italiana (Age), Fabrizio Azzolini: 'La definizione di dislessico viene infatti attribuita a Scuola, - afferma Azzolini - senza tener conto delle attitudini cognitive che il ragazzo ha già sviluppato in altri ambiti più protetti, come quello familiare.

Occorrerebbero dunque progetti che esulino dal concetto di terapia e si basino piuttosto sull’attenzione e l’ascolto di chi, magari, ha solo bisogno di più tempo per leggere, contare ed essere capito'.



Si tenga inoltre presente che dal 2010, da quando cioè è stata approvata la legge 170, dedicata ai Disturbi Specifici di Apprendimento (Dsa) per ciò che riguarda l'ambito scolastico, i casi registrati di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia nel nostro Paese sono improvvisamente aumentati. 

Personalmente, voi docenti vi ritenete d'accordo con la tesi della professoressa Margherita Pellegrino?