L'articolo 18, già modificato dal governo Monti, rimane un caposaldo nella tutela reale offerta al lavoratore. Un intervento in questo senso potrebbe essere portato avanti da Renzi, che in passato ne ha escluso la necessità, solo perchè a differenza di altri interventi non richiede nessun costo. Il presidente del consiglio a più riprese in passato si era mostrato disinteressato a un intervento sull'articolo 18 perchè ritenuto inutile ai fini della lotta alla disoccupazione. Se per molti il problema della disoccupazione è da rinvenire nelle difficoltà oggettive delle imprese nell'accesso al credito e nei costi del lavoro spesso insostenibili, per alcuni il problema invece è l'eccessiva tutela prestata al lavoratore in Italia.
Renzi apparteneva decisamente al filone dei più eppure improvvisamente l'articolo 18 è entrato a pieno ritmo nell'agenda del governo.
Il motivo di tale cambio di rotta probabilmente è da rinvenire in una scelta obbligata per il governo. Le eccessive tutele apportate al lavoratore che in caso di licenziamento singolo illegittimo portano all'obbligo di reintegro potrebbe disincentivare i grandi gruppi internazionali a trasferire i propri centri produttivi in Italia e su questo non ci sono dubbi. Ma appare poco plausibile che la tutela prestata al lavoratore sia maggiormente disincentivante rispetto ai costi del lavoro e della tassazione in capo alle imprese. Pertanto sorge il dubbio legittimo che il cambio di rotta di Renzi sia dettato solo dalla necessità di fare, soprattutto agli occhi dell'Europa e fare a costo zero, visto l'obbligo del rispetto del rapporto deficit/Pil al 3,0%.
E' evidente che di tutti gli interventi possibili nel mondo del lavoro quello della riforma dell'articolo 18 è l'unico a costo zero, quindi l'unico realizzabile.
L'articolo 18 è il dogma su cui si fonda la tutela del lavoratore, pertanto, le minoranze del Pd hanno presentato ben sette emendamenti alla legge delega sul lavoro e tutti riguardanti l'articolo 4 del decreto in merito al riordino delle forme contrattuali.
La decisione delle minoranze Pd è arrivata dopo un vertice a cui hanno preso parte Civati, Vannino Chiti, Francesco Boccia, Cesare Damiano etc.. Gli emendamenti scaturiti puntano tutti a contratti a tutela crescente per i lavoratori assunti da almeno tre anni e incentivi atti a favorire i contratti a tempo indeterminato a fronte di altre forme contrattualistiche. Tutti interventi costosi, difficile pensare che si riesca a trovare le coperture necessarie per realizzarli.