Il tema del superamento della legge Fornero è molto urgente, perché l'attuale rigidità in uscita non favorisce la ripresa occupazionale e rischia di creare gravi problemi sociali. La proposta dell'On. Damiano denominata quota 100 è ostacolata dal costo notevole (stimato in circa 10 miliardi di euro). Anziché corrispondere subito la pensione, si potrebbe ricorrere al cosiddetto prestito pensionistico Inps. Tale prestito è senz'altro utile ai neo-pensionati, ma per lo Stato costituisce comunque un costo e non è possibile introdurlo finché non se ne sarà verificata la sostenibilità economica con la prossima Legge Finanziaria.

L'opzione del prestito Inps sarà infatti praticabile quando ne saranno verificate le coperture, ma sarà bene farne un uso accorto perché ancorché sotto forma di prestito si tratta pur sempre di un esborso di denaro e, considerando che nonostante l'innalzamento dell'aspettativa di vita non tutti i pensionati potranno vivere abbastanza per restituire il denaro, parte del prestito rischia di essere elargito a fondo perduto. Sarà perciò opportuno utilizzarlo solo in eventualità particolari, per far fronte ad eclatanti casi di particolare indigenza.

Senza attendere la prossima Legge Finanziaria, occorre però far fronte il prima possibile al problema della disoccupazione giovanile, "schizzata" ad oltre il 40% a causa della rigidità in uscita introdotta dalla Legge Fornero e bisogna perciò trovare il modo di agevolare il prima possibile la fuoriuscita dei lavoratori, soprattutto se "precoci".

Tali lavoratori potrebbero scommettere sul proprio futuro ed essere disponibili a far fronte al proprio sostentamento con risorse proprie (risparmi e/o trattamenti di fine rapporto e/o liquidazioni) durante un'attesa più o meno lunga dell'assegno pensionistico loro dovuto.

Si ponga il caso di un lavoratore che al compimento dei 60 anni abbia maturato 40 anni di anzianità contributiva (cioè ha iniziato a versare contributi all'età di 20 anni).

Costui raggiunge quota 100 ma è ancora relativamente giovane e pertanto avrà una buona aspettativa di vita. Se ha delle risorse proprie che gli consentono di mantenersi per altri due, tre o più anni senza una pensione, potrà essere incentivato a lasciare il lavoro anche in mancanza di un assegno pensionistico immediato, ma con l'assicurazione da parte dell'Inps che la pensione non erogata al momento del pensionamento gli verrà comunque garantita successivamente, nel tempo, con una maggiorazione proporzionale al tempo atteso per riceverlo.

Ipotizziamo che il suddetto lavoratore maturi una pensione di 1.000 Euro al mese e sia disponibile ad utilizzare 24.000 o 36.000 Euro di risorse proprie con lo scopo di mantenersi autonomamente per due o tre anni. Se scegliesse liberamente di mantenersi per due o tre anni con le proprie disponibilità economiche, perché non permettergli di lasciare il mondo del lavoro a favore dei giovani che sono disoccupati?

Durante quei due o tre anni lo Stato non dovrà sborsare nulla, perché il lavoratore si manterrà autonomamente. Lo Stato inizierà ad erogare la pensione solo al termine di quei due o tre anni e potrà "rifondere" il pensionato corrispondendogli un assegno pensionistico maggiorato di una percentuale che permetta di recuperare in un accettabile lasso di tempo la pensione maturata ma non percepita.