Con la sentenza della Corte Costituzionale del 30 aprile 2015, n. 70, è stato finalmente dichiarato illegittimo il blocco delle perequazioni imposte sulle Pensioni superiori a più di tre volte il limite del trattamento minimo. La pronuncia della Corte Costituzionale ha aperto la strada alla possibilità di ottenere un rimborso degli arretrati accumulati nei 3 anni, per un danno alle casse erariali di oltre 10 miliardi di euro.

Inoltre, le differenze che saranno corrisposte ora dall'inps dovrebbero essere maggiori di quanto sarebbe spettato in precedenza se non fosse stato disposto il blocco degli assegni pensionistici; ora, invece, l'importo sarà calcolato facendo riferimento all'ammontare non perequato?

Così dovrebbe appunto essere, tuttavia, il Governo ha già fatto sapere che non sarà possibile restituire l'intera somma spettante a titolo di differenze non percepite, quindi non sarà rimborsato quanto effettivamente dovuto agli aventi diritto. Infatti, nel tentativo di porre un rimedio all'impasse creatasi, si è pensato ad un decreto legge che fissi le regole e le limitazioni per il rimborso degli arretrati spettanti, ma che stabilisca comunque un parametro di calcolo differente rispetto a quello richiamato dall' Art.

69 L. 388/2000 (normativa ora ripristinata dalla sentenza costituzionale n. 70/2015).

Inoltre, al fine di evitare di "saltare" i bilanci della finanza pubblica, il rimborso sarà graduale e progressivo.

Per ottenere il rimborso degli arretrati pensionistici, bisognerà presentare la "classica" domanda di ricostituzione della pensione, tramite un Patronato oppure se in possesso del pin dispositivo, anche accedendo al portale telematico Inps, cliccando su "Servizi al cittadino" e seguire passo dopo passo le indicazioni fornite.

Importante: nelle note della domanda telematica, bisognerà inserire la seguente dicitura "ricostituzione a seguito di intervenuta abrogazione dell'art. 24, co.25 del d.l.

n.201/2011 con Sent. CCorte Costituzionale n.70/2015"

Alla domanda amministrativa, bisognerà altresì allegare in formato pdf anche i redditi propri e del coniuge, la data del matrimonio, la categoria della pensione e numero, nonché le coordinate bancarie per ricevere gli accrediti.

Se entro 120 giorni l'Inps non ha accreditato gli arretrati della pensione, oppure non ha chiesto l'integrazione di eventuali informazioni o documenti, dovrà essere inoltrato un ricorso amministrativo al Comitato provinciale mediante il medesimo patronato oppure sempre attraverso il sito web dell'Inps se si è in possesso del Pin. Nell'oggetto del ricorso andrà inserita la seguente dicitura: "Richiesta ratei di pensione maturati e non percepiti nel biennio 2012- 2013, con interessi e rivalutazione monetaria fino al soddisfo, a seguito dell'illegittimità dichiarata dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015 sull'azzeramento della perequazione delle pensioni".

Se, infine, entro 90 giorni l'Inps non comunica alcuna risposta al cittadino pensionato, allora si potrà esperire, con l'assistenza di un avvocato di fiducia, un'azione giudiziaria dinanzi al Giudice del Lavoro, il quale è competente in materia previdenziale, al fine di ottenere i rimborsi spettanti in base alla sentenza richiamata.

Infine, novità in ambito pensionistico anche per quanto riguarda l'Opzione Donna: domande fino al 2016