Con la Riforma delle Pensioni c.d. decreto Salva Italia, fortemente voluto da Monti e Fornero (decreto legge n. 201/2011), si sono venuti a creare notevoli pregiudizi per i futuri pensionati e conseguenze sociali di rilevante drammaticità.
La linea politica del Governo e del Parlamento negli ultimi periodi sta prendendo, tuttavia, un indirizzo differente: è stata presa consapevolezza che, benché la riforma Monti-Fornero abbia inciso positivamente sui risparmi pubblici, nel lungo - ma neppure troppo - periodo ha determinato ripercussioni non positive in danno all'erario pubblico.
Infatti, a controbilanciare negativamente i presunti risparmi, sono le varie Salvaguardie per gli esodati pubblicate in questi anni nonché le indennità straordinarie a sostegno del reddito che sono state causate proprio dalla suddetta riforma.
Ed è per tale motivo che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 70 del 30 aprile 2015 ha bocciato la riforma Monti Fornero, la quale aveva disposto per gli anni 2012 e 2013 il blocco dell'adeguamento delle pensioni che superavano il triplo del limite del trattamento minimo, determinandosi ora per lo Stato un rimborso di circa 5 miliardi di euro ai pensionati danneggiati dalla riforma.
A parere della Consulta la disposizione normativa inserita nel decreto Salva Italia era troppo generico, priva di una motivazione determinante a giustificare le esigenze finanziare non chiaramente evidenziate: la ratio della norma è risultata, pertanto, troppo debole per legittimare un sacrificio dei pensionati ad un adeguato trattamento pensionistico.
La Corte Costituzionale ha altresì illustrato dettagliatamente gli elementi di incostituzionalità del decreto: è evidente infatti una violazione nella proporzionalità del trattamento di quiescenza oltre ad essere lesiva degli articoli 2 e 3 della Costituzione, posti proprio a garanzia dei fondamentali principi di eguaglianza e solidarietà.
In definitiva, con la sentenza n. 70/2015 della Corte Costituzionale si avranno conseguenze rilevanti per il Governo, che dovrà intercettare le risorse per rimborsare le somme, con la rivalutazione monetaria, negate negli anni 2012-2013 per un ammontare di circa 5 miliardi di euro.
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