La sentenza della Corte Costituzionale che ha sbloccato i contratti dei lavoratori pubblici tiene ancora in sospeso milioni di lavoratori. Il Governo, a suo modo, ha fatto il suo inserendo, in Legge di Stabilità una voce di spesa per il rinnovo dei contratti. A più riprese, sull’argomento è tornata a parlare il Ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia, sia sulle cifre che sulle modalità di aumenti degli stipendi.

I lavoratori, per mezzo dei loro rappresentanti sindacali, contestano le cifre di cui si parla ed anche il metodo che sembra essere stato scelto dal Governo per provvedere agli scatti dovuti alla perequazione, scatti che mancano dal 2010 per via del blocco della Legge Fornero.

Gli aumenti così come stabiliti dal Governo

La Madia continua a ripetere che gli aumenti non saranno uguali per tutti, ma non è ben chiaro che metodo verrà adottato e quali criteri verranno utilizzati per fare distinzione. Una cosa sicura è che bisognerà attendere anche la risoluzione della riduzione dei comparti in applicazione della Legge Brunetta.

Da 12 comparti,nei quali è oggi divisa la Pubblica Amministrazione, si passerà a 4 con accorpamenti tra vari settori che saranno difficili da far digerire ai lavoratori. In Legge di Stabilità, il Governo ha stanziato 300 milioni di euro per far fronte al primo step di aumenti previsto per il 2016. Una seconda ed una terza fase saranno previste per gli anni 2017 e 2018 con aumenti e stanziamenti più corposi. Parte della maggioranza però ha già palesato il problema dell’esiguità di questo primo stanziamento che se spalmato a tutti i dipendenti pubblici, porterebbe ad aumenti “invisibili” in busta paga, nell’ordine di 6 o 7 euro a lavoratore. Nelle varie riunioni tenutesi dall’inizio di novembre, l’argomento è stato trattato anche in relazione alla riduzione del personale per via del tetto al turnover che di fatto ha diminuito l’organico dei dipendenti pubblici.

Gli emendamenti che stanno arrivando su questo tema sono incentrati sulla necessità di aumentare le cifre stanziate e sul fatto che non si devono finanziare gli aumenti con il blocco alle nuove assunzioni che rischiano di far venire meno alcuni servizi alla cittadinanza.

Cosa contestano i lavoratori

Da voci certe, nonostante gli emendamenti che arriveranno da più parti, non si potrà certo rivoluzionare quello che è stato già stabilito. Si potranno al massimo aumentare di poco le cifre stanziate. Il blocco dei contratti dal 2010 al 2014, secondo le statistiche, ha portato i lavoratori in media a perdere 400 euro di retribuzione pro capite. Adesso il Governo vuole restituire ai malcapitati lavoratori cifre irrisorie, che non arrivano a 10 euro al mese in più di stipendio.

I dati Istat dicono che per via del blocco alle nuove assunzioni e per via dei contratti bloccati, nel quadriennio di riferimento, le casse pubbliche hanno risparmiato quasi 9 miliardi di euro. Infatti la spesa per gli stipendi dei propri dipendenti è scesa oggi a 163 miliardi rispetto ai 172 euro che la Pubblica Amministrazione pagava nel 2010. Per i rappresentanti dei lavoratori, non si chiede che tutti i risparmi avuti, quindi i 9 miliardi, finiscano nelle tasche dei lavoratori, ma si chiede solo che gli aumenti siano più dignitosi e che magari, sempre grazie ai risparmi, si riesca ad agevolare il turnover in settori dove l’età anagrafica dei lavoratori è in continua salita. La protesta continua a montare e si attendono giorni caldi, tra manifestazioni e scioperi già indetti e riunioni nelle stanze dei bottoni .