Pensioni in prestito, pagate dalle banche ed anche penalizzate. Questo in sintesi lo strumento a cui sta pensando e lavorando il Governo per la flessibilità in uscita. Questa sarà la base di partenza della discussione che possiamo ipotizzare partirà il 14 giugno al Ministero del Welfare, nell’incontro tra Governo e sindacati messo in agenda. C’è però chi lavora e studia vie alternative, sempre tenendo bene a mente che i due criteri cardine di tutta la riforma che si andrà ad inserire nella Legge di Stabilità di ottobre sono sempre le esigenze dei lavoratori e quelle dei conti pubblici.

Da segnalare l’intervento sul tema di Rizzetto, Parlamentare del Gruppo Fratelli d’Italia e vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera.

Cosa è opzione donna?

Uno dei più discussi interventi previdenziali degli ultimi anni è stato sicuramente opzione donna, il provvedimento che consente ad alcune lavoratrici di poter lasciare il lavoro a 57 anni e 3 mesi di età. La struttura di questo istituto che è in azione anche se in via sperimentale, prevede l’anticipo per le lavoratrici che al 31 dicembre 2015 avevano raggiunto 57 anni e 3 mesi di età (un anno in più per le lavoratrici autonome) e 35 di contributi versati.

La misura è opzionale, cioè può essere scelta da parte delle lavoratrici a loro libera scelta. Il motivo di questo è la penalizzazione di assegno a cui sono sottoposte le lavoratrici che scelgono questa via anticipata. Infatti è previsto che il calcolo dell’assegno pensionistico viene effettuato con il sistema contributivo nonostante i contributi versati da queste donne rientravano nei più vantaggiosi sistemi misto o retributivo.

In pratica, per anticipare la pensione rispetto agli attuali 66 anni e 7 mesi per la vecchiaia o 42 anni e 10 mesi di contributi per l’anzianità (regole Fornero), bisogna mettere in preventivo tagli di assegno anche del 30%. Altro punto importante di opzione donna è il meccanismo della finestra mobile per quanto riguarda la decorrenza.

La pensione infatti viene spostata in avanti di 12 mesi (18 per le autonome), quando cioè si aprirà la finestra utile per l’uscita.

Estensione di opzione donna a tutte ed anche agli uomini

La lotta dei comitati, gruppi ed associazioni di lavoratrici spingono da sempre per estendere il provvedimento anche oltre le nate nel 1956 e 1957. La linea direttrice della richiesta è estendere il provvedimento fino al 2018, ma c’è già chi vedrebbe interessante rendere strutturale quello che oggi, ripetiamo è un provvedimento sperimentale di cui si attendono gli esiti del contatore di settembre. L’ex parlamentare del Movimento 5 Stelle, adesso confluito nel gruppo di FDI/AN e diventato vicepresidente della Commissione di Damiano, ha detto la sua sulla riforma previdenziale con un occhio particolare proprio ad opzione donna.

Secondo il parlamentare, opzione donna estesa anche agli uomini e resa strutturale potrebbe tranquillamente essere una azione capace di sostituire l’APE nel discorso relativo alla flessibilità in uscita.

Tutti i lavoratori, a prescindere dal sesso, potrebbero una volta raggiunti i requisiti previsti per opzione donna, scegliere di anticipare la pensione. Accettando le penalità pesanti di cui abbiamo parlato prima e quindi autofinanziando la misura anno per anno. La proposta di Rizzetto quindi sarebbe utile ad evitare l’ingresso delle banche nelle pensioni, evitare il prestito pensionistico e salvaguardare le casse previdenziali destinate ad altri lavoratori e ad altri scopi.