Continuano serrati gli incontri sindacati-ARAN sul tema del rinnovo del contratto dei lavoratori statali. Da sette anni infatti, questi lavoratori si aspettano l’adeguamento all’inflazione con i cosiddetti scatti per la perequazione. La ormai famosa sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il blocco forzoso degli stipendi per la categoria ha confermato la necessità di rinnovare i contratti, ma ancora oggi, a più di un anno dalla pronuncia dei giudici nulla è ancora finito nelle tasche dei lavoratori. Entro la fine di settembre però, il Ministro madia dovrebbe intervenire in prima persona e convocare i sindacati per definire le linee di intervento che probabilmente saranno inserite nella ormai prossima Legge di Bilancio (entro fine ottobre).

Il punto della situazione ad oggi 16 settembre

L’ARAN, l’Agenzia per la Contrattazione incaricata proprio dalla madia di discutere il rinnovo con i sindacati ha terminato la prima fase del suo lavoro. Ogni singola sigla sindacale è stata ascoltata in maniera indipendente dall’ARAN. Il termine ultimo per le audizioni era stato fissato per il 15 settembre e adesso, l’Agenzia ha in mano il quadro completo di richieste e proposte dei rappresentanti dei lavoratori. I nodi da sciogliere sono sempre i soliti e riguardano le cifre. Con i 300 milioni della scorsa Legge di stabilità, si fa molto poco ed è questo uno dei paletti contestati dai sindacati. Nella prossima Legge di Stabilità devono per forza di cose essere incrementate le cifre.

Resta la speranza che tra i 25 miliardi della prossima finanziaria ci siano soldi da destinare all’argomento statali, anche se ad oggi nessuna conferma ufficiale, ma anche ufficiosa è arrivata. Le soluzioni al vaglio del Governo partivano sempre dall’esiguità delle cifre e dalla conseguente impossibilità ad accontentare tutti.

I prossimi giorni saranno probabilmente decisivi perché si attende anche l’aggiornamento del DEF, il Documento di economia e Finanza che potrebbe riservare positive sorprese in termini di cifre stanziate, ma restiamo nel campo delle ipotesi se non proprio delle illusioni.

Operazione rinnovo a tempo

Inizialmente sembrava che tutto fosse fermo ai 300 milioni da dividere tra tutti gli oltre 3 milioni di dipendenti vessati dal blocco.

Meno di dieci euro al mese di aumento però sono stati subito contestati dalle parti sociali. Con il completamento della riforma della PA che era iniziata con Brunetta, si era pensato ad inserire il criterio meritocratico nell’erogazione degli aumenti. Quindi 300 milioni da dividere solo tra i dipendenti virtuosi e più meritevoli. Criterio definito razzista dai sindacati, come se il blocco non fosse gravato su tutti e come se lo stesso fosse una punizione per i dipendenti meno “bravi”. Anche la soluzione aumenti in base agli stipendi, favorendo quelli più bassi a discapito di quelli alti è sembrata subito fare una distinzione classista dei lavoratori. Si lavora anche sull’aumento dell’orario di lavoro per i dipendenti, per portarlo da 36 a 40 ore settimanali.

Si equiparerebbe il lavoro pubblico a quello privato e soprattutto alla media delle ore di lavoro in Europa. In questo caso si pensa di erogare aumenti in base alle ore di lavoro in più svolte. Sembrano comunque tutte soluzioni tampone che non vanno al centro del problema che è il fatto che da oltre 7 anni i lavoratori hanno lo stesso stipendio nonostante l’inflazione abbia aumentato quelli dei lavoratori privati. La novità delle ultime ore come riporta il Quotidiano "Il Messaggero" è che il Governo sta pensando ad una soluzione ponte, una specie di melina che probabilmente serve al Governo per spostare la questione a periodi, si spera, migliori, cioè al 2017. Si erogherebbe una indennità a tutti, una specie di risarcimento temporaneo con la promessa di tornare a parlarne l’anno prossimo.