E’ legittimo il licenziamento di chi usa i permessi della legge 104 per scopi che non siano quelli dell’assistenza prestata ad un familiare. Lo ha stabilito una sentenza della Sezione Lavoro della Cassazione, pubblicata lo scorso 13 settembre, che ha respinto il ricorso di una donna licenziata dal Comune presso il quale lavorava per uso improprio dei permessi di cui usufruiva grazie ai benefici riconosciuti dalla legge.

La sentenza della Cassazione sull’uso improprio dei permessi della legge 104

La Corte di Cassazione ha così confermato un orientamento già espresso con precedenti sentenze in merito all’abuso dei permessi della Legge 104, confermando il licenziamento della ricorrente, alla quale era stato contestato l’uso di 38 ore e 30 minuti di permesso non per assistere il familiare ammalato, ma per recarsi a Milano per frequentare le lezioni di un corso universitario al quale era iscritta.

L’abuso era stato dimostrato grazie alle indagini di polizia che, durante i permessi, aveva seguito la dipendente verificando lo svolgimento di attività non riconducibili ad un’attività di assistenza.

Secondo la Cassazione, tale comportamento costituisce una violazione degli obblighi che il dipendente ha nei confronti del suo datore di lavoro e, come tale, passibile di licenziamento in ragione del disagio causato allo stesso. Si ribadisce inoltre, nella sentenza, che i permessi retribuiti sono riconosciuti dall’articolo 33, comma 3 della legge 104/92, solo in virtù di una effettiva attività di assistenza in favore di un familiare affetto da grave handicap.

A chi spettano i permessi dal lavoro

La legge 104 del 1992, infatti, ha introdotto il riconoscimento di tre giorni retribuiti al mese, con il versamento di contributi figurativi, a favore dei lavoratori dipendenti disabili o che hanno un familiare fino al secondo grado con lui conviventi o al terzo grado nel caso in cui il disabile abbia genitori ultra sessantacinquenni.

Una giusta facilitazione per chi si trova in una delle situazioni di disagio descritte, ma che spesso viene utilizzata in modo improprio. Con questa ulteriore sentenza della Corte di Cassazione, si prospetta un giro di vite nei confronti dei ‘furbetti’ della 104.