La Legge di Bilancio con il suo pacchetto pensioni ha modificato l’accesso alla pensione di vecchiaia per il 2017. A dire il vero, più che nella struttura della pensione di vecchiaia, i cambiamenti riguardano alcuni scivoli che sono stati resi disponibili per i lavoratori. Si tratta di scorciatoie che consentiranno ai lavoratori di non dover attendere i 66 anni e 7 mesi di età previsti dalle attuali norme che sono quelle della tanto odiata riforma Fornero.
Le nuove vie anticipate come l’APE volontaria (quella sociale è una misura assistenziale simile agli ammortizzatori sociali), si affiancano a vecchie deroghe ancora in vigore che proprio la Fornero ha lasciato, come il cosiddetto salvacondotto. L’aspettativa di vita che è fattore decisivo per il continuo slittamento in avanti nel tempo, delle soglie anagrafiche per andare in pensione, se non si interverrà subito, rischia di lasciare fuori da qualsiasi scivolo determinati lavoratori.
L’APE a 63 anni
La novità principale del pacchetto Pensioni è l’APE, l’anticipo pensionistico. Non si tratta di una pensione anticipata o di una pensione di anzianità perché l’APE si applica alla pensione di vecchiaia.
Per accedervi, bisogna trovarsi a 3 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaia, cioè a 63 anni. Necessari inoltre 20 anni di contributi versati, proprio come per la pensione di vecchiaia. Uscire in anticipo però non sarà gratuito perché la pensione è erogata dall’INPS ma finanziata da una banca. Si tratta di un anticipo di pensione sotto forma di finanziamento bancario, con interessi e spese assicurative. Il finanziamento dura massimo 3 anni e 7 mesi e consta di un assegno mensile pari alla pensione maturata al momento dell’uscita dal lavoro. Non essendo una vera e propria pensione, quanto percepito non si adegua alla perequazione annuale, non è reversibile a causa morte e non prevede tredicesima.
Finiti gli anni di anticipo, quando si arriverà all’età di 66 anni e 7 mesi, il pensionato, che di fatto si è indebitato con una banca, inizierà a restituire il debito, con trattenute mensili sulla pensione per 20 anni.
L’aspettativa di vita e lo scivolo Fornero
L’APE nasce come misura sperimentale ed è rivolta ai lavoratori nati tra la fine del 1951 ed il 1955. Questi infatti sono i soggetti che si trovano vicini ai 66 anni e 7 mesi o ai 63 dell’anticipo per tutta la durata della sperimentazione, cioè per il triennio 2017-2019. È evidente che chi è nato entro il 1953, trovandosi dentro i 3 anni e 7 mesi calcolati dal prossimo 1° maggio, cioè dalla data di entrata in vigore dell’APE, non avrà problemi a richiedere l’uscita anticipata.
Per chi è nato dopo, rischia di imbattersi nell’adeguamento dei requisiti alla speranza di vita che seguono gli scenari della riforma Fornero. Infatti, nel 2019 l’età per lasciare il lavoro salirà a 67 anni per allungarsi ancora a 67 anni e 3 mesi nel 2021. In definitiva, dal 2019, sempre che l’APE resti in vigore, non si potrà uscire a 63 anni ma a 63 e 4 mesi, lasciando un vuoto temporale che potrebbe lasciare fuori i nati negli ultimi mesi del 1955. Una anomalia simile ad opzione donna come nacque lo scorso anno e che oggi è stata sistemata con l’estensione appena approvata. La via del prestito però non è l’unica che consente di accelerare l’uscita dal lavoro rispetto alla pensione di vecchiaia.
Il salvacondotto Fornero, poco conosciuta misura che la Fornero lasciò in deroga alla sua riforma, consente l’uscita a 64 anni. Le stesse classi a cui si riferisce l’APE, potrebbero riuscire a lasciare il lavoro con un anno in più ma senza i vincoli del prestito, cioè senza indebitarsi. Lo scivolo Fornero, chiamato anche salvacondotto, per le donne è una autentica manna dal cielo, perché fa uscire dal lavoro nel 2017 le lavoratrici che prima del 2013 avevano 20 anni di contributi versati e 60 anni di età. Per gli uomini la situazione è diversa perché ai 60 anni di età centrati al 31/12/2012, devono aggiungere 35 anni di contributi sempre alla stessa data.