Nella notte il ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia ha annunciato l’avvenuta intesa tra Aran e sindacati per il rinnovo del contratto dei Lavoratori Statali. Una attesa lunga oltre 8 anni da parte di oltre 3 milioni di lavoratori evidentemente vessati dal congelamento degli stipendi. Nello specifico l’accordo riguarda solo i lavoratori della Pubblica Amministrazione Centrale, cioè intorno ai 250mila dipendenti.
Allo stesso tempo però l’accordo raggiunto in uno dei comparti in cui è divisa la Pubblica Amministrazione apre al rinnovo in tutti gli altri. Ecco di cosa consta l’accordo appena trovato a partire dalle cifre di aumento.
Aumenti differenziati
Nelle ultime ore precedenti l’accordo erano entrate in scena ipotesi nuove che parlavano di bonus ed incentivi per i dipendenti con redditi più bassi. Soldi in più per questi lavoratori ma anche servizi accessori per loro e per la loro famiglia. Come riportano i media, tra i quali il quotidiano “La Repubblica” con un articolo nell’edizione digitale uscito immediatamente dopo la notizia data dal Ministro Madia, gli aumenti saranno compresi in una forbice tra i 63 ed i 117 euro lordi a testa.
Va aggiunto come anticipato che per i dipendenti con redditi più bassi ci sarà un extra bonus intorno alle 25 euro al mese in più, ma solo per 10 mesi. Per gli Uffici più virtuosi, inoltre, un bonus da dividere tra i dipendenti e da caricare sul cosiddetto salario accessorio.
Date e meccanismo
Il rinnovo valevole per il triennio 2016-2018 anche se non espressamente detto apre al rimborso degli arretrati dal 1° gennaio 2016. Non propriamente quello che chiedevano le parti sociali, che pretendevano lo sblocco dal 2015 e dalla data della sentenza con cui di fatto, la Corte Costituzionale ha aperto la stagione del rinnovo. Restano comunque mesi di arretrati che dovrebbero essere sanati con il famoso rimborso una tantum intorno alle 500 euro cadauno.
Gli effetti in busta paga di questo nuovo contratto dovrebbero avvenire a marzo, dando tempo di chiudere il contratto anche agli altri comparti della Pubblica Amministrazione. In definitiva, via libera al nuovo contratto che però il 31 dicembre 2018 andrà di nuovo a scadenza, dando l’opportunità a Governo (se ne occuperà il nuovo Esecutivo che uscirà alle prossime elezioni) e sindacati di implementare e sistemare il quadro definitivamente dopo anni di attesa.
I commenti
Oltre alla soddisfazione con cui la Madia ha annunciato la fine della trattativa, anche i sindacati intervenuti al summit, a margine dello stesso hanno dimostrato approvazione e non solo per le cifre che accompagnano l’intesa. Dalla CGIL fanno sapere che finalmente si supera la riforma Brunetta ed i lavoratori hanno ottenuto maggiori tutele.
Il rinnovo nello specifico vale per il lavoratori alle dipendenze dei Ministeri, delle agenzie e degli Enti non economici ed a questi si estendono diritti per visite, terapie ed esami, cioè per permessi e congedi. Inoltre trova spazio la questione delle donne vittime di violenza alle quali il nuovo contratto collettivo concederà 3 mesi di aspettativa da aggiungersi agli altri 3 mesi che la Legge prevede come congedo straordinario per eventi del genere. Viene introdotto anche il libretto formativo, strumento che sarà utile per garantire la formazione dei lavoratori e la qualità dei servizi offerti da tutte le PA. Più nello specifico, il nuovo contratto esclude l’applicazione del Jobs Act e del tristemente noto Articolo 18.
Restano confermate le 36 ore di lavoro settimanale ed i sindacati spuntano un potenziamento del loro ruolo, con maggiore importanza data agli organi collegiali come le RSU. In pratica la rappresentanza avrà più poteri e le parti sociali non saranno più solo informate delle decisioni prese dalle Amministrazioni, ma entreranno in scena con tavoli di discussione quando queste decisioni avranno riscolti sul lavoro dei dipendenti.