In pensione con quota 100 nel 2019, questo quanto continuano a ribadire i leader di Movimento 5 Stelle e Lega, cioè i due Vice Premier, Luigi di Maio e Matteo Salvini. La misura, nonostante Bruxelles abbia bocciato la manovra, partirà con un decreto ad hoc probabilmente a gennaio. Una misura di pensione anticipata che troverà terreno fertile anche e soprattutto nel lavoro statale.
Per sfruttare la quota 100 infatti, bisogna raggiungere 62 anni di età e 38 di contributi, cioè avere una carriera abbastanza lunga di lavoro coperto da contribuzione previdenziale. Un identikit che sembra calzare a pennello ai lavoratori del pubblico impiego, tanto è vero che il Ministero della Funzione Pubblica guidato da Giulia Bongiorno è al lavoro per contenere il probabile esodo di lavoratori verso le Pensioni grazie a questo nuovo strumento previdenziale. Un esodo che metterebbe in crisi il funzionamento della macchina amministrativa pubblica. Ed allora si studiano finestre di uscita diverse rispetto ai lavoratori privati come disincentivi ad utilizzare la misura.
Le pensioni dei lavoratori statali sono argomento spinoso e sul quale il governo ed il Ministro Bongiorno lavorano con nuove ipotesi che riguardano anche il trattamento di fine servizio, la liquidazione per i lavoratori statali che verrebbe collegata in qualche modo alla quota 100. Vediamo le novità come le riporta un recente articolo del quotidiano “Il Sole 24 Ore” che sottolinea come per molti la quota 100 potrebbe diventare favorevole anche come data di incasso della buonuscita.
Il punto sulla quota 100 per gli statali
Con quota 100 si potrà lasciare il lavoro con 62 anni di età minima e con 38 anni di contributi. Le combinazioni possibili diventano cinque, cioè 62+38, 63+38, 64+38,65+38 e 66+38.
La misura sarà avviata con il sistema delle finestre mobili e questo sarà una delle differenze relativa all’applicazione della misura tra settore privato e pubblico impiego. Per gli statali infatti, niente finestre trimestrali, ma solo semestrali. In pratica ci saranno solo due periodi dell’anno in cui i lavoratori che sceglieranno il nuovo strumento, vedranno decorrere la loro pensione. Oltre al disincentivo della finestra più lunga, per le pensioni degli statali ci sarà anche il disincentivo implicito del pagamento ritardato del TFR (nel pubblico impiego si chiama TFS). Oggi, dal giorno in cui si va in pensione, per percepire la liquidazione i dipendenti pubblici possono aspettare da un minimo di 12+3 mesi ad un massimo di 24+3 mesi solo per la prima rata di TFS.
In lavorazione però ci sono soluzioni differenti, alcune delle quali vantaggiose per i lavoratori, anche se particolari come struttura. Novità che collegano il TFS alla quota 100.
Anticipo di liquidazione
Per evitare di paralizzare gli uffici pubblici, come più volte ribadito dal Ministro Bongiorno, naturale che per garantire la continuità operativa dei pubblici uffici, che svolgono pubblici servizi, occorrono correttivi alla quota 100, almeno per quanto riguarda l’applicazione della misura nel settore. Alla finestra più lunga si prevede anche di imporre ai lavoratori un preavviso di 6 mesi da dare prima di sfruttare quota 100, per concedere tempo all’Ente, di sostituire il lavoratore con un altro.
In pratica, per gli statali ci sarà una disciplina speciale con cui verrà applicata quota 100. Una novità di cui parla il quotidiano è quella della possibilità che verrebbe offerta a questi lavoratori optanti per quota 100, di percepire anticipatamente il TFS. I neo pensionati con la nuova misura potrebbero ricorrere a un anticipo bancario del trattamento di fine servizio, naturalmente con tanto di interessi e spese che però verrebbero pagate dallo Stato. Per tamponare le evidenti discriminazioni a carico di questi lavoratori, sia per quota 100 che per il TFS, il governo sembra stia studiando questa soluzione. Invece di attendere anche due anni, solo per il primo rateo di buonuscita, chi lascerà il servizio con quota 100 ottenere un prestito-ponte bancario a costo zero.
Il TFS e le sue modalità di erogazione imposte dalla normativa hanno già dato adito a ricorsi da parte dei lavoratori e dei loro rappresentanti sindacali, anche presso la Corte Costituzionale. Se a questo si aggiungono i disincentivi alla quota 100, evidente che il governo cerchi soluzioni alternative. Questa del prestito bancario potrebbe essere una di quelle funzionali, anche se sembra che la Ragioneria Generale dello Stato abbia già dato parere negativo su questa novità, spingendo piuttosto per un peggioramento dei tempi di attesa per la liquidazione a questi lavoratori, come ennesimo disincentivo all’esodo verso le pensioni.